“I santi apostoli Pietro e Paolo ci fanno ritornare al fondamento della nostra fede, all’origine del Cristianesimo. Insieme a Pietro e Paolo, siamo chiamati anche noi a metterci alla scuola della fragilità, del nostro limite. Guardando alla loro vita, anche noi possiamo ritornare alla ‘roccia’ della nostra fede, alla fedeltà di Dio, perché è su questo che dobbiamo scommettere la nostra vita. Non sul nostro servizio, ma sulla nostra stessa vita in forza della Grazia di Dio. È la Grazia che lega le figure di Pietro e Paolo, la loro testimonianza ci comunica che il Signore non ha paura del nostro limite, ma ricostruisce la nostra storia con la sua Grazia affinché possa apparire non la nostra grandezza, non i nostri meriti, ma la forza del suo amore”. Lo ha affermato il vescovo di Lamezia Terme, mons. Serafino Parisi che ieri, in cattedrale, ha presieduto la solenne concelebrazione nella festa dei Santi apostoli Pietro e Paolo, patroni della città e della diocesi lametina, alla presenza dei rappresentanti delle istituzioni civili e militari.
Soffermandosi sulla figura dell’apostolo Pietro, il vescovo ha messo in evidenza come “colui che aveva rinnegato per tre volte Gesù, nell’ultima pagina del Vangelo di Giovanni, trova la possibilità di rifarsi e per tre volte risponderà al Signore: ‘Tu sai che ti amo’”. “Dentro questa possibilità aperta a Pietro – ha osservato –, c’è la prima testimonianza di fede di tutta la Chiesa nel Signore che salva, che si fida di noi, non perché non conosca le nostre fragilità e i nostri limiti, ma perché venisse esaltata dentro i nostri i limiti e attraverso la nostra fragilità unicamente la grazia che viene da Dio. Pietro, che Gesù stesso aveva chiamato ‘roccia’, si era dimostrato terreno molle, fragile, ma viene ricostituito nella forza perché la nostra vita è costruita sulla fedeltà di Dio”. “Anche Paolo – ha proseguito mons. Parisi – fa la sua professione di fede dicendo: io sono graziato dal Signore. Se io sono quello che sono, nella mia debolezza, lo devo semplicemente alla grazia del Signore. Quando sono debole è allora che sono forte. Il Signore ha voluto riempire della sua forza la nostra fragilità”. Da qui il monito del presule a tutta la comunità diocesana lametina, per la quale “i santi apostoli continuano ad essere aggregativi, ad essere un centro di attrazione profetica per la nostra città e diocesi”. Il vescovo ha concluso con quella che lui stessa ha definito “una proposta e una provocazione”: “Interroghiamoci: quanto abbiamo contribuito come Chiesa lametina ad una unificazione di questo nostro territorio cittadino? Come credenti nel mondo, siamo chiamati a dare forza a questa città, coesione a questo territorio, a costruire relazioni autentiche e di pace”, ha ammonito: “Facciamo di ogni particolarismo un’occasione per aprirci a una dimensione più ampia, universale. Una sorta di ‘terapia d’urto’ a questo nostro territorio affinché possa essere curato dall’amore. E l’amore deve essere condiviso per contagiare tutti. È questo che gli altri, la società, il mondo si aspetta da noi”.