“L’arte non può mai essere un anestetico; dà pace, ma non addormenta le coscienze, le tiene sveglie”. Ne è convinto il Papa, che ricevendo in udienza, nella Cappella Sistina, circa 200 artisti – tra pittori, scultori, architetti, scrittori, poeti, musicisti, registi e attori – partecipanti all’incontro promosso in occasione del 50° anniversario dell’inaugurazione della Collezione d’Arte moderna e contemporanea dei Musei Vaticani, ha affermato che “l’arte e la fede non possono lasciare le cose così come stanno: le cambiano, le trasformano, le convertono”. “In questo essere veggenti, sentinelle, coscienze critiche, vi sento alleati per tante cose che mi stanno a cuore, come la difesa della vita umana, la giustizia sociale, gli ultimi, la cura della casa comune, il sentirci tutti fratelli”, le parole di Francesco: “Mi sta a cuore l’umanità dell’umanità. Perché è anche la grande passione di Dio. Una delle cose che avvicinano l’arte alla fede è il fatto di disturbare un po’”. “Spesso voi artisti provate a sondare anche gli inferi della condizione umana, gli abissi, le parti oscure”, ha sottolineato il Papa: “Non siamo solo luce, e voi ce lo ricordate; ma c’è bisogno di gettare la luce della speranza nelle tenebre dell’umano, dell’individualismo e dell’indifferenza”, l’’appello sulla scorta di Simone Weil. “Prima di salutarvi, ho ancora una cosa da dirvi, che mi sta a cuore”, ha concluso Francesco: “Vorrei chiedervi di non dimenticarvi dei poveri, che sono i preferiti di Cristo, in tutti i modi in cui si è poveri oggi. Anche i poveri hanno bisogno dell’arte e della bellezza. Alcuni sperimentano forme durissime di privazione della vita; per questo, ne hanno più bisogno. Di solito non hanno voce per farsi sentire. Voi potete farvi interpreti del loro grido silenzioso”.