La protesta per l’annuncio di nuove regole carcerarie. La sollevazione e lo scontro tra bande rivali, con spari e accoltellamenti. Il divampare di un incendio. Questa, a quanto sembra, la drammatica sequenza di quanto accaduto ieri nel “Centro femenino de adaptación social” (Cefas), carcere femminile situato a circa cinquanta chilometri da Tegucigalpa, capitale dell’Honduras.
Drammatico il bilancio, ancora parziale. Secondo il portavoce della Procura, Yuri Mora, almeno “41 detenute sono morte finora”, ma la stampa honduregna parla di 46 persone decedute. Il funzionario ha spiegato che è scoppiato un incendio all’interno della prigione e che la maggior parte dei corpi ritrovati erano bruciati. Gli altri corpi ritrovati sarebbero stati “crivellati di colpi”. La presidente dell’Honduras, Xiomara Castro, si è detta “commossa” per il “mostruoso assassinio”. Secondo alcune ricostruzioni, la rissa si sarebbe scatenata tra detenute appartenenti a due bande, la “Mara Salvatrucha” e la pandilla “Barrio 18”.
La Pastorale penitenziaria della Chiesa honduregna, i cui coordinatori erano in riunione proprio ieri, ha diffuso un comunicato in cui chiede che le autorità “chiariscano questo crudele evento”, e “rafforzino la sicurezza che funziona in modo efficace e tempestivo”.
“Questa notizia ci sgomenta e ci indigna”, si legge nel comunicato firmato da fray Agustín Lara Parrales, cappellano della Pastorale carceraria dell’arcidiocesi di Tegucigalpa. Si evidenzia il sovraffollamento come uno dei fattori che hanno contribuito alla tragedia. La Pastorale penitenziaria ha espresso la sua solidarietà a coloro che sono stati colpiti da questo dramma: “Ci uniamo al dolore delle famiglie che in questo momento chiedono risposte a tanti dubbi su questo triste evento, sull’abuso di potere, sull’autogoverno all’interno dei centri penitenziari”. Il comunicato si chiede come sia possibile che vengano introdotte armi da fuoco con facilità. “Preghiamo Dio che si trovi presto una soluzione affinché le donne private della libertà possano scontare la loro pena in pace e cercare la loro riabilitazione”, conclude padre Lara Parrales.