Quella di Pascal è una ”evangelizzazione piena di rispetto e di pazienza, che la nostra generazione avrà interesse ad imitare”. Ne è convinto il Papa, che nella lettera apostolica “Sublimitas et miseria hominis”, nel quarto centenario della nascita di Blaise Pascal, spiega che “per comprendere bene il discorso di Pascal sul cristianesimo” bisogna “essere attenti alla sua filosofia”. Il suo “esercizio fiducioso della ragione naturale”, spiega Francesco, che “lo rende solidale con tutti i fratelli umani in cerca di verità, gli permetterà di riconoscere i limiti dell’intelligenza stessa e, nel contempo, di aprirsi alle ragioni soprannaturali della Rivelazione, secondo una logica del paradosso che costituisce il suo marchio filosofico e il fascino letterario dei suoi Pensieri”. Tra i temi più attuali del filosofo francese, il Papa cita “quello del senso integrale del nostro destino, della nostra vita, e della nostra speranza, protesa a una felicità che non è proibito di concepire eterna, ma che solo Dio è autorizzato a donare”. Meditando i Pensieri di Pascal, per Francesco, si ritrova questo principio fondamentale: “la realtà è superiore all’idea”, perché il filosofo francese ci insegna che ”niente è più pericoloso di un pensiero disincarnato: ‘Chi vuole fare l’angelo fa la bestia’”. “Le ideologie mortifere di cui continuiamo a soffrire in ambito economico, sociale, antropologico e morale tengono quanti le seguono dentro bolle di credenza dove l’idea si è sostituita alla realtà”, attualizza Francesco, secondo il quale Pascal “parte dalla constatazione che l’uomo è come un estraneo a sé stesso, grande e miserabile”: “Grande per la sua ragione, per la sua capacità di dominare le sue passioni, grande anche in quanto si riconosce miserabile”. “Esiste una sproporzione insopportabile tra, da una parte, la nostra volontà infinita di essere felici e di conoscere la verità e, dall’altra, la nostra ragione limitata e la nostra debolezza fisica, che conduce alla morte”, spiega il Papa: “la forza di Pascal è anche nel suo implacabile realismo, nella constatazione cioè che l’”abisso infinito” in cui piomba l’uomo a causa della sua natura ”non può essere colmato se non da un oggetto infinito e immutabile, ossia da Dio stesso”. Pascal, come filosofo, vede bene che “quanto più si hanno lumi, tanto più si scopre grandezza e bassezza nell’uomo, ma che questi opposti sono inconciliabili. Perché la ragione umana non può armonizzarli, né risolvere l’enigma”. Pascal, in altre parole, “è quel cristiano che vuole parlare di Gesù Cristo a quanti concludono un po’ in fretta che non ci sono ragioni consistenti per credere alle verità del cristianesimo. Pascal, al contrario, sa per esperienza che ciò che si trova nella Rivelazione non solo non si oppone alle richieste della ragione, ma apporta la risposta inaudita alla quale nessuna filosofia avrebbe potuto giungere da sé stessa”.