“Il fine buono – lo studio delle malattie genetiche per individuare nuove strategie terapeutiche – non giustifica i mezzi, ossia la distruzione di un embrione per prelevarne le cellule”. Antonio Gioacchino Spagnolo, docente di Medicina legale e coordinatore dell’Unità di Bioetica e Medical Humanities all’Università Cattolica del Sacro Cuore, liquida così la notizia diffusa dal Guardian e rilanciata dalle agenzie e dai principali quotidiani italiani, secondo la quale Magdalena Zernicka-Goetz, scienziata dell’Università di Cambridge e del California Institute of Technology, in occasione del meeting annuale dell’International Society for Stem Cell Research a Boston avrebbe annunciato la creazione di modelli simili ad embrioni umani riprogrammando le cellule staminali embrionali. Obiettivo della scienziata, poter disporre di un modello simile agli embrioni nelle prime fasi dello sviluppo umano, per lo studio delle malattie genetiche e delle cause biologiche degli aborti ricorrenti. Zernicka-Goetz avrebbe precisato che questi embrioni creati in laboratorio sono privi di cuore pulsante e di cervello. Il fatto che si tratti di “organismi destinati esclusivamente alla ricerca e quindi programmati per non svilupparsi, privati pertanto delle proteine finalizzate allo sviluppo di un individuo – spiega il professore –, potrebbe non avere in sé una rilevanza eticamente negativa, ma rimane il problema alla fonte: il prelievo di cellule staminali embrionali per la creazione di questi organismi destinati alla sperimentazione ha provocato la distruzione di altri embrioni, e questo non è mai lecito”. La procedura è stata presentata come “un progresso rivoluzionario che elude la necessità di ovuli o spermatozoi”. “Ma gli embrioni da cui prelevare le cellule staminali – argomenta Spagnolo – non provengono forse dall’incontro di un ovulo e di uno spermatozoo?”. Di qui la conclusione: “Prelevare cellule staminali embrionali implica sempre la distruzione dell’embrione. Una ricerca autenticamente al servizio dell’uomo non può fondarsi su queste premesse”.