Durante il convegno promosso oggi a Roma da Cnca e la campagna “Mettiamoci in gioco” sul fenomeno del gioco d’azzardo, è stata presentata anche una ricerca, realizzata dal Dipartimento di epidemiologia Ssr Lazio-Asl Roma 1, sul rischio di disturbo da gioco d’azzardo (Dga) nella regione Lazio. In primo luogo, “i risultati della georeferenziazione dell’offerta evidenziano che vi è un numero più elevato di esercizi ad alta concentrazione di new slot e vlt nelle zone ad alta deprivazione sociale: gli esercizi sono distribuiti in maniera uniforme sul territorio regionale, ma quelli più grandi (bingo a sale giochi) si trovano per lo più nelle zone deprivate e vicine alle vie ad alta percorrenza (Aurelia, Flaminia, Casilina…)”.
In secondo luogo, “sulla base dei dati relativi a 771 pazienti (82% uomini) raccolti dal Sistema informativo regionale sulle dipendenze, si evince che l’età media di primo approccio al gioco è di 27,6 per gli uomini e di 43,5 per le donne. L’età media di gioco continuativo è di 31,8 per gli uomini e 46,7 per le donne. Le donne risultano utilizzare meno le new slot/vlt ma piuttosto giocare con lotterie istantanee e gratta e vinci. La proporzione di donne sole (vedove o separate) è quasi doppia rispetto agli uomini”.
Un ulteriore aspetto interessante è “la situazione debitoria in cui versa il 77% del campione”. In particolare, “risalta la proporzione di giovani che dichiara di aver contratto debiti con usurai: 7,8% di coloro che hanno tra i 14 e i 25 anni. Su 552 pazienti, il 27,70% ha contratto debiti con le finanziarie (9,4% i giovani), il 30,30% con soggetti privati (29,7% i giovani), il 19,60% con le banche (3,1% i giovani), il 3,60% con gli usurai”.
Infine, la ricerca evidenzia che “se la proporzione di giocatori a rischio di Dga è pari all’1,7% nella popolazione generale, tra i pazienti dei Centri di salute mentale tale percentuale sale all’8,8%, da un’analisi dei dati relativi a 1780 pazienti in carico presso tali strutture nel Lazio”. Per questo gli autori della ricerca sottolineano che “sarebbero necessari accordi all’interno dei Dsm tra i centri di salute mentale e i SerD”.