“L’Europa continua a proteggere i confini e a difendersi da coloro che sono le vittime di un mondo ingiusto. Dovremmo aver imparato negli anni, ormai troppi, che non si fermano gli arrivi ostacolando le partenze, rendendo più difficoltosi i viaggi. L’unico risultato di queste politiche è l’aumento delle morti alle frontiere. La drammatica e cinica conclusione di questo agire è che di fatto riteniamo alcune vite sacrificabili”. Lo afferma padre Camillo Ripamonti, presidente Centro Astalli, commentando l’ultimo drammatico naufragio nel mar Egeo, davanti alle coste del Peloponneso. Un peschereccio partito dalla Libia che secondo il governatore della regione del Peloponneso, Panagiotis Nikas, aveva a bordo 750 migranti (secondo altre fonti 400) è naufragato provocando decine di morti e dispersi. Finora sono stati recuperati 59 corpi e salvati 104 profughi. Avvistato e avvicinato giorni fa a largo della Grecia non è stato soccorso né portato in salvo. Nell’esprimere profondo cordoglio e dolore per le vittime che si continuano a contare in queste ore, il Centro Astalli “non può far a meno di sottolineare che si tratta di un’ecatombe che l’Europa avrebbe potuto e dovuto evitare”. “A pochi giorni dal nuovo Patto Ue per la migrazione e l’asilo, la vacua retorica securitaria e l’ipocrita propaganda emergono davanti al terribile naufragio in cui hanno perso la vita esseri umani in cerca di salvezza, dichiara il Centro Astalli, secondo cui si continua a morire alle frontiere d’Europa perché “non vi è un’azione comune di ricerca e soccorso dei migranti ma si continuano a investire risorse sulla chiusura e l’esternalizzazione delle frontiere, facendo accordi con Paesi di transito illiberali e antidemocratici; manca la volontà degli Stati europei di istituire vie d’accesso legali e sicure per chi cerca protezione in Europa, unico vero strumento per contrastare il traffico e la tratta di esseri umani; non si ha il coraggio e l’intelligenza politica di varare un piano europeo per l’accoglienza e la redistribuzione di richiedenti asilo e rifugiati nei 27 Stati membri che superi il Regolamento di Dublino e che non sia gestito solo su base volontaria”.