“Ho iniziato a nutrire sospetti sulla sincerità e la rettitudine delle persone”. A confermare quanto dichiarato nel 2018 al Promotore di Giustizia è stato mons. Georg Gänswein, sentito in aula nel Tribunale vaticano, presieduto da Giuseppe Pignatone, nell’ambito del processo per la gestione dei fondi della Cappella Musicale Pontificia Sistina, il Coro responsabile per il servizio musicale nelle celebrazioni liturgiche del Papa, che fa capo al Prefetto della Casa Pontificia. Tre gli imputati nel processo: mons. Massimo Palombella, allora direttore della Cappella Musicale Pontificia Sistina, Michelangelo Nardella, direttore finanziario della stessa, e sua moglie, Simona Rossi, tutti accusati di peculato, riciclaggio e truffa. I fatti della deposizione del 2018, confermata oggi sostanzialmente da Gänswein, partono dal 2014, quando sono pervenute alcune lamentele da un gruppo di genitori per il “trattamento scortese ed eccessivamente duro” di mons. Palombella nei confronti dei ragazzi. Papa Francesco ha incaricato l’allora prefetto della Casa Pontificia di fare accertamenti, ma le lamentele sono poi riprese nel 2016 e sono state riferite anche al sostituto alla Segreteria di Stato, che all’epoca era mons. Angelo Becciu, oggi cardinale. “Non ho avuto prove, ma è un sospetto nei confronti di entrambi”, ha precisato oggi Gänswein in aula: “Nardella lavorava insieme a mons. Palombella, non poteva non sapere del suo comportamento non corretto”. Interpellato dall’avvocata Laura Sgrò, che difende Nardella e sua moglie, in merito ai bilanci del Coro della Cappella Sistina, Gänswein ha sostenuto di non ricordarsi di aver riscontrato anomalie, precisando che a redigerli era “un esperto laico, uno dei collaboratori della Prefettura della Casa Pontificia”.