“La semplicità dei segni del pane e del vino offrono alla nostra vita una possibilità concreta di scegliere l’essenziale al posto del superfluo, dell’utile a preferenza dell’inutile, del poco da chiedere e dell’eccesso da rifiutare. L’Eucaristia diventa per noi credenti, in particolare per i sacerdoti, la via da seguire e la vita da realizzare. La via del ringraziamento e la vita della donazione”. Lo ha scritto il vescovo di San Marco Argentano-Scalea, mons. Stefano Rega, nel messaggio alla diocesi in occasione della solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo (Corpus Domini).
Il vescovo presiederà domani, domenica 11 giugno, alle 18 in cattedrale, la celebrazione eucaristica seguita dalla processione verso la chiesa della Riforma dove verrà impartita la benedizione eucaristica.
Nel messaggio, il presule afferma: “Vorrei ravvivare il mio desiderio alla realizzazione piena della comunione presbiterale nella nostra Diocesi. Questa diventa segno visibile della celebrazione reale dell’Eucaristia. Ogni sacerdote, infatti, si trova intorno alla mensa per far memoria del dono del ministero, segno visibile della presenza di Cristo buon pastore”. “Bisogna, pertanto, crescere nella consapevolezza di essere figli del Cenacolo”, prosegue il vescovo, aggiungendo: “Dal cenacolo siamo chiamati ad uscire sulle strade del ministero: qui incontriamo i poveri, gli storpi, i ciechi e gli zoppi, che ci chiedono di dargli da mangiare, di condividere il pane delle loro sofferenze e di allietarli con il vino della consolazione e della gioia”. “In questo senso – ammonisce – ai sacerdoti compete un grande impegno: passare dalla celebrazione dell’Eucaristia al diventare Eucaristia! Una ritualità estranea ai desideri e ai bisogni dell’uomo corrompono la sublimità e la nobiltà della celebrazione vera dell’Eucaristia. Dalla comunione eucaristica si passa alla condivisione della vita”. “Le nostre celebrazioni – esorta mons. Rega – tornino alla semplicità e alla devozione del cenacolo del Giovedì Santo, dove il grembiule di Gesù offre la più preziosa catechesi sul senso della nostra vita che dall’Eucaristia trova la forza per vivere nell’ottica del servizio. Gesù non annuncia l’amore come se fosse una idea astratta, il suo è un amore incarnato e credibile, che ha il nostro volto, la nostra storia, i nostri nomi”. “A tutti – conclude il vescovo – rivolgo l’invito a non rischiare di separare il sacramento dell’altare dal sacramento del fratello, il sacramento dell’Eucaristia dal sacramento del povero. L’umanità ha bisogno di essere abbracciata, e molto di più quando è ferita, sminuita, soffocata dall’esclusione, reclusa nella negazione dei propri diritti, privata della dignità del lavoro, non accolta nelle realtà ecclesiali”.