“È importante dialogare” con chi la pensa in modo diverso da noi, perché Dio “che è il Padre di tutti ci porta a dialogare” e a rispettare il cammino degli altri: è quanto, in sintesi, ha detto Papa Francesco ricevendo ieri, venerdì 5 maggio, i partecipanti al Congresso promosso dall’Istituto del dialogo interreligioso in Argentina.
Condividendo i suoi ricordi d’infanzia, ha sottolineato che “le confessioni religiose non sempre hanno dialogato. Il cambiamento sta nel fatto che prima si parlava con lo specchio; ti guardavi e ti rispondevi, e condannavi quelli che stavano fuori, li schedavi”.
A Buenos Aires, ha ricordato, c’era un parroco famoso che mandava gli scout a incendiare le tende degli evangelici. I protestanti, osserva, non venivano minimamente considerati persone, perché c’era un clima di condanna. Da sua nonna ha ascoltato “il primo discorso ecumenico” della vita. Quando aveva circa quattro anni, le chiese chi fossero due signore dell’Esercito della Salvezza che avevano incontrato per strada. Lei rispose: “Sono protestanti, però sono buone”.
“Con gli ebrei – ha affermato Francesco – ho sempre avuto una grande vicinanza grazie alla scuola, ho avuto vari compagni ebrei, a volte studiavamo insieme. E quando ero arcivescovo, ho accompagnato, mentre stava morendo, uno di quei compagni ebrei, che non aveva rinnegato la propria fede”.
“È importante – ha detto – che quel dialogo che ognuno di noi aveva con lo specchio della propria confessione si sia allargato e si faccia tra fratelli, e che non ci sia la paura di dialogare fuori dallo specchio. E ancor meno la smania di convincersi l’un l’altro, di convertire l’altro. Si dialoga, si dialoga, ognuno racconta la propria esperienza, che è un’esperienza di Dio. E Dio si manifesta in tutte le culture, in tutte, alla maniera di quella cultura, si manifesta nei popoli che hanno percorso un cammino della storia in modo diverso, popoli che hanno camminato in un altro modo, ma è lo stesso Dio. E Lui che è il Padre di tutti ci porta a dialogare. Nella nostra vita c’è sempre un percorso che va dal dialogo con lo specchio al dialogo con la realtà, al dialogo con i nostri fratelli; con la realtà vivente che sono i nostri fratelli. È la mano tesa”.
Quindi osserva che “non siamo isole” e che nel dialogo non bisogna dire agli altri: “La mia Chiesa è l’unica, la vera, voi siete di seconda o di quarta categoria”. E ha aggiunto: “Sono convinto che il cammino che sto seguendo è quello che Dio vuole che sia vero per me. E perciò quando parlo della mia confessione religiosa, per coerenza dico ‘No, questa è quella vera’, ma rispetto il cammino degli altri che dicono a loro volta: ‘Questa è quella vera’. E questo non è relativismo, è rispetto, rispetto, rispetto e convivenza”.
Al termine dell’udienza, il Papa ha chiesto di pregare per lui, “ognuno nella propria lingua, con i suoi gesti”, perché ha bisogno di essere sostenuto dalla preghiera dei fratelli: “Se noi argentini non preghiamo gli uni per gli altri, allora siamo fritti, perché l’unica cosa che ci rimane è questa, per il resto ci scontriamo sempre, quindi preghiamo gli uni per gli altri per andare avanti”.