“Non sono neutri i percorsi per far morire dei malati. Sul fine vita, la Regione Veneto si inventa un federalismo antropologico? Piuttosto, serve il coraggio di sostenere la ‘vita difficile’, non la più economica ‘morte facile’”. Così il network associativo “Ditelo sui tetti” commenta l’ultima mozione del Consiglio regionale veneto del 2 maggio scorso, con cui si chiede “un percorso oggettivo, rapido e scevro da qualunque tipo di condizionamento esterno” negli ospedali pubblici per il suicidio assistito a carico della res publica. “Non è semplicemente vero quel che si legge nella mozione, secondo cui ‘il ruolo della politica è quello di garantire la libertà di scelta astenendosi da qualunque intervento, anche ideologico, potenzialmente in grado di coartare o comunque condizionare, la libera scelta delle persone’, perché, come da secoli avverte Tommaso D’Aquino – spiega l’avv. Domenico Menorello, portavoce del network – una norma indica sempre un valore ritenuto ‘bene’ e verso questo bene, conseguentemente, indirizza oggettivamente la comunità, piaccia o non piaccia. Quindi se dinanzi al dolore le istituzioni affermano che il ‘bene’ sarebbe la procurata morte, stiamo affermando un’idea di vita umana senza valore. Ovvero legata solo alla capacità di autodeterminazione e di salute, come vorrebbe la mentalità dominante, che implica lo scarto di chi è malato o non ha più capacità di successo. È questo il messaggio culturale che il Consiglio regionale vuole dare?”. “A proposito di ‘neutralità’, stupisce piuttosto la celerità in materia del Consiglio regionale, che ha voluto addirittura anticipare l’iniziativa della Associazione Coscioni, che sta preparando un disegno di legge regionale eutanasico”, prosegue Menorello, aggiungendo che “ci saremmo invece aspettati almeno altrettanta fretta nell’attuare quanto chiesto dalla recente legge di bilancio 2023 a tutte le regioni: di presentare cioè con urgenza un preciso progetto di potenziamento delle cure palliative (nemmeno citate dalla mozione del 2 maggio!), perché l’esperienza mostra che se vi fosse sempre la possibilità di una cura e di una compagnia nel dolore, la domanda di morte non sussisterebbe”. Le istituzioni, ammonisce il portavoce di “Ditelo sui tetti”, “hanno il prioritario dovere di occuparsi della vita difficile e non della morte facile. Dovere che in Veneto è dimostrato proprio dalla straordinaria capacità di solidarietà verso i più fragili che questa terra ha sempre testimoniato”. “Alla luce di questo portato – concludono le circa cento associazioni – chiediamo un confronto urgente con i decisori regionali sulla valenza di queste decisioni e sulle reali emergenze per i più fragili, dialogo che finora non è avvenuto”.