“Riteniamo urgente istituire in ogni scuola superiore di Milano uno sportello psicologico in ottica di prevenzione di episodi come questi: solo così potremo sostenere tanti nostri studenti nell’affrontare il disagio che vivono”. Lo dichiara Michele Rabaiotti, direttore di Fondazione Guzzetti, riferendosi all’episodio di uno studente che, nella giornata di lunedì 29 maggio, ha accoltellato la sua professoressa di Italiano e Storia, durante una lezione in una scuola di Abbiategrasso. “Questo evento – nella sua gravità – sottolinea ancora una volta la situazione di fragilità di tanti nostri ragazzi”, dice Rabaiotti.
Nel 2022 gli operatori e le operatrici della Fondazione hanno incontrato più di 14.000 studenti nelle scuole di Milano, anche attraverso la formula dello sportello psicologico. Si tratti di un servizio offerto soprattutto nelle scuole superiori a tutti gli studenti e le studentesse che necessitano di un supporto psicologico per affrontare le fatiche della vita quotidiana, non solo in ambito scolastico, ma anche in famiglia, nelle relazioni amorose e amicali, nella gestione dello stress, dell’ansia e nella progettualità del futuro. “Quello che è successo nella scuola di Abbiategrasso non dovrebbe farci nascere preoccupazioni da far west, con riferimento agli scenari statunitensi, per via dell’uso delle armi – spiega Rabaiotti -. Credo piuttosto che sia importante un’azione che intercetti le fragilità anche psichiatriche di tanti nostri ragazzi, attraverso una presenza più capillare e continuativa di sportelli psicologici nelle scuole della città di Milano. In questo modo i professionisti, psicologi e psicoterapeuti, possono intercettare o cogliere direttamente i bisogni di ragazzi e ragazze che stanno vivendo una fase di forte fragilità”. Non è casuale che un evento come questo sia accaduto negli ultimi giorni del mese di maggio. “Il periodo di fine anno scolastico potrebbe essere stato un detonatore per le situazioni di stress accumulate nel corso dei mesi precedenti – afferma Rabaiotti -. In ogni caso, l’episodio indica che tanti dei nostri studenti vivono la scuola come un luogo straniero, distante, verso cui sfogare la propria rabbia. Fa riflettere anche il fatto che l’oggetto di questa violenza non sia stato solo l’insegnante. L’aggressività del ragazzo ha colpito tanto la docente quanto il gruppo classe. Come spesso accade oggi nella manifestazione di emozioni forti, l’esito non è stato solo esterno. Nei nostri consultori abbiamo osservato più volte come il periodo pandemico abbia aggravato nei ragazzi modalità disfunzionali di gestione della rabbia, come se una pentola a pressione esplodesse, generando conseguenze negative per sé e per gli altri”.