Ogni professore è chiamato ad essere amico e maestro dei suoi allievi, ma non deve essere lasciato solo. Ne è convinto lo scrittore e insegnante Eraldo Affinati, che commentando in un’intervista al Sir la grave vicenda della docente accoltellata ieri da un alunno in un istituto di Abbiategrasso, sottolinea l’importanza di un’équipe in grado di coadiuvare gli insegnanti “non solo nei casi d’emergenza come questo, ma in chiave preventiva”. Centrale la qualità della relazione umana: “Se non si instaura un rapporto di fiducia reciproca fra docente e discente, ogni tentativo rischia di fallire”.
“I ragazzi cosiddetti difficili, o indisciplinati, o ribelli – racconta ripensando al proprio vissuto di professore – sono stati per lungo tempo i miei interlocutori principali”. Adolescenti “che ti sfidano, ti mettono alla prova, alla fine in un modo o nell’altro ti lasciano il segno. Con molti di loro non puoi pensare di riproporre il vecchio schema tripartito della spiegazione, dell’interrogazione e del voto. Devi trovare altre vie di accesso, altrimenti rischierai tantissimo. Non sarà sempre facile, anche perché nessuno ha la bacchetta magica per riportare sulla retta via un ragazzo smarrito”. Infine, al giovane “alla ricerca del necessario equilibrio fra desiderio da soddisfare e regola da rispettare” occorre “far passare l’idea che se si commette un danno, bisogna pagare il prezzo del risarcimento senza pensare di poterla fare franca”. Per questo, il docente “deve incarnare egli stesso il precetto che chiede ai suoi studenti di osservare, mostrando di aver compiuto una scelta in base alla quale avrà autorevolezza”.