Don Tonino Bello: card. Parolin, “un profeta scomodo anche all’interno della Chiesa”

“Un profeta scomodo anche all’interno della Chiesa, un profeta di speranza nonostante la tragicità di quei tempi, che oggi purtroppo si ripete”. Così il card. Pietro Parolin, segretario di Stato Vaticano, ha definito don Tonino Bello, nel corso della presentazione del libro “Testimone e maestro di virtù”, scritto da mons. Domenico Cornacchia e pubblicato dalla Lev (Libreria editrice vaticana) a 30 anni dalla sua morte. “Un libro che ci permette di scoprire la vera anima di don Tonino Bello”, l’elogio del cardinale, intervenuto alla presentazione del volume all’Università Lumsa di Roma. Fin dal clima di famiglia e dagli anni della sua formazione, ha osservato il porporato ripercorrendo la biografia del vescovo di Molfetta e presidente di Pax Christi, è emersa in lui “l’attenzione pe i più svantaggiati, la volontà di identificarsi con i problemi della classe operaia, nella situazione di chi con il suo lavoro cercava di sostenere la propria famiglia”. Tra le qualità evidenti fin da subito, “la capacità di empatia, di farsi carico dei problemi del prossimo”. Dopo il soggiorno a Bologna, dove fu notato dal cardinale Lercaro che lo avrebbe voluto in diocesi, e gli studi da non frequentante alla Lateranense che hanno coinciso con lo svolgimento del Concilio, don Tonino, secondo Parolin, “da allora assorbì la lezione del Concilio, al punto da rifletterla in tutta la sua esistenza”, con tratti come “l’attenzione ai lontani, la promozione del dialogo ecumenico, l’apertura al mondo contemporaneo e lo slancio evangelizzatore”. Divenuto pastore di comunità prima ad Ugento e poi a Tricase, la sua scelta di vivere in una semplice abitazione, invece che nel palazzo di proprietà della diocesi rivelò, per il cardinale, “il suo desiderio di farsi tutto a tutti, di condivide la strada con la gente semplice, senza ostentazioni e senza infingimenti”. Diventato vescovo, “lasciava aperte le porte dell’episcopio per accogliere quanti erano nel bisogno, a cominciare dai tossicodipendenti per i quali fondò una comunità di recupero”, ha proseguito il cardinale, che ha inoltre rievocato gli anni della presidenza di Pax Christi e gli interventi contro la Guerra del Golfo, fino alla Marcia a Sarajevo che compì già malato e che riuscì ad ottenere una tregua, tanto da fargli esclamare, in un discorsi improvvisato e davvero profetico, se letto con gli occhi dell’oggi: “la soluzione dei conflitti non arriverà mai con la guerra, ma con il dialogo”.

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