“Per molti, specialmente nei Paesi in via di sviluppo, l’unico contatto con la comunicazione digitale avviene attraverso i social media”. E’ quanto si legge nel documento “Verso una piena presenza”, diffuso oggi dal Dicastero per la comunicazione della Santa Sede, in cui si stigmatizza il “divario digitale”. ”Sebbene questa evoluzione si stia sviluppando più velocemente delle nostre capacità di comprenderla adeguatamente, molte persone ancora non hanno accesso non solo a cose essenziali come cibo, acqua, vestiti e assistenza sanitaria, ma anche alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione”, l’analisi del testo: “Questo lascia un gran numero di persone ai margini della strada. Inoltre, il “social media divide” sta diventando sempre più acuto: “Le piattaforme che promettono di costruire comunità e connettere maggiormente le persone hanno invece reso più profonde varie forme di divisione. La crescente enfasi sulla distribuzione e sul commercio di conoscenze, dati e informazioni ha generato un paradosso: in una società in cui l’informazione svolge un ruolo così essenziale, è sempre più difficile verificare le fonti e l’accuratezza delle informazioni che circolano in digitale”. “Il sovraccarico di contenuti è risolto da algoritmi di intelligenza artificiale che decidono costantemente cosa mostrarci, sulla base di fattori che a malapena percepiamo o intuiamo”, il grido d’allarme del documento: “non solo le nostre scelte precedenti, i nostri like, le nostre reazioni o preferenze, ma anche le nostre assenze e distrazioni, le pause e i tempi di attenzione. L’ambiente digitale che ognuno vede – e perfino i risultati di una ricerca online – non è mai uguale a quello di un altro. Cercando informazioni nei browser, o ricevendole nel nostro feed su diverse piattaforme e applicazioni, di solito non siamo consapevoli dei filtri che condizionano i risultati. La conseguenza di questa personalizzazione sempre più sofisticata dei risultati è un’esposizione forzata a informazioni parziali, che corroborano le nostre idee, rafforzano le nostre convinzioni e ci conducono così a isolarci in un “effetto bolla”.