“I giovani, gli adulti e gli anziani hanno il compito di rapportarsi costruttivamente tra loro per uno sviluppo integrato delle società locali, soprattutto di quelle periferiche (materiali e culturali), dove si possono sperimentare iniziative creative e utili forme di cooperazione come modello inclusivo e produttivo”. Lo ha detto Nico De Vincentiis, coordinatore del Forum Aree interne, in occasione dell’apertura oggi pomeriggio a Benevento del quarto Forum. Per De Vincentiis, “si riparte da tre parole-chiave: coraggio, dialogo e reciprocità”. Non solo: “La sfida dei prossimi anni sarà essere cittadini del mondo e motore di comunità, sguardo alle grandi questioni del pianeta e tutela delle storie locali. Quella dei giovani appare una missione decisiva in questa transizione infinita che non riesce a guadagnare l’altra riva dove finalmente provare a scompaginare gli egoismi e il profitto perverso, tutelare i diritti dei più deboli e declinare una cultura di reciprocità che guardi al bene comune”.
“Le piccole realtà hanno una loro intrinseca biodiversità da salvaguardare e rilanciare attraverso un impegno collettivo che prescinde dalle scelte, a volte scellerate, dei governi istituzionali. Non si dovrebbe mai scambiare il ruolo di una comunità raccolta profondamente intorno alle sue radici per un centro urbano con altre e maggiori potenzialità, finendo per restare frustrati dai limiti e le carenze territoriali e strutturali. Sarebbe sbagliato a esempio replicare nelle piccole realtà certe strategie perverse messe in campo per ragioni di consenso politico o protagonismo dei singoli, abitudine purtroppo consolidata che ha già trasformato e ridotto a ruolo di spettatori acritici gli abitanti delle città, soprattutto di piccole e medie dimensioni”, ha sostenuto il coordinatore del Forum, ma “si avvertono segnali di un nuovo sentimento civile, nascono adeguate competenze, emerge una maggiore consapevolezza del valore delle risorse locali e si riaccende l’ardore per utili progettualità. Il lamento-appello dei giovani – ‘Speriamo di restare’ – si fa sempre più labile ma può e deve trasformarsi nella certezza che ‘per chi resta c’è speranza’”. Allora, l’invito alle nuove generazioni è: “Occupare la Speranza, non permettere che venga abusivamente coltivata da altri”.
Di qui l’appello: “Ogni periferia ha un centro, bisogna solo scoprirlo. Sarà importante scommettere realmente sul racconto, sulla bellezza e sull’innovazione sostenibile e condivisa, che configurerebbero l’accesso a una memoria dinamica che non vanifichi le tradizioni ma ne faccia una narrazione sempre nuova e coinvolgente; puntare sulla vocazione all’ospitalità, aprire cantieri imprevedibili di idee, presentarsi all’attenzione generale come luoghi di incontro e di sperimentazione, di cultura, di arte, di musica e di nuovi linguaggi”.