Sudan: Cavalletti (Caritas), “aiuti umanitari a centinaia di migliaia di profughi in Sud Sudan”

“In Sudan ci sono bande di militari e civili che saccheggiano fabbriche, negozi e case, anche perché la gente ha fame e non trova cibo. C’è il rischio epidemia per i tanti cadaveri nelle strade. Ora il timore è che gli scontri si diffondano in altre aree del Paese. Speriamo non diventi una guerra civile generalizzata utilizzando le motivazioni etniche”. Lo racconta al Sir Fabrizio Cavalletti, responsabile dell’ufficio Africa di Caritas italiana, in contatto con la Chiesa locale e la Caritas in Sud Sudan, che sta accogliendo centinaia di migliaia di profughi al confine. “Sono profughi sud sudanesi rientranti che hanno bisogno di assistenza totale – prosegue Cavalletti -. Fuggono dalla violenza e dagli scontri, non hanno nulla con sé. Servono cibo e beni primari, ripari di urgenza, alloggi in altre zone del Paese per smorzare la pressione di profughi alle frontiere”.  Le stime vanno da un minimo di 50.000 fino a 300.000 sud sudanesi che si erano rifugiati in Sudan durante gli anni della guerra civile e ora sono costretti a rientrare. “La contabilità dei morti e degli sfollati è molto sottostimata – precisa – perché chi fugge spesso non si registra presso le agenzie umanitarie”. Attive nell’assistenza dei profughi in Sud Sudan sono alcune Caritas diocesane e la Caritas nazionale, particolarmente sotto pressione in questo periodo. La Caritas di Malakal, ad esempio, ha messo a disposizione un battello sul Nilo per mettere in salvo i profughi che si accalcano al confine e li assiste con beni di prima di necessità.
In Sudan c’è ancora una situazione di panico, incertezza e caos generalizzato. A cinque settimane dall’inizio degli scontri fra l’esercito regolare del generale Abdel Fattah al-Burhane e le Forze paramilitari di supporto rapido (Rsf) del generale Mohamed Hamdane Daglo, la tregua di una settimana siglata a Gedda il 20 maggio, che doveva garantire il transito di militari, civili e l’arrivo degli aiuti umanitari, è stata rotta la mattina del 23 maggio. A Khartoum ci sono stati raid aerei e bombardamenti. La maggior parte dei missionari e delle organizzazioni internazionali, tra cui diverse Caritas nazionali, hanno lasciato la capitale Khartoum. Caritas Sudan attualmente non è operativa. I comboniani e i salesiani hanno spostato i religiosi in luoghi più sicuri all’interno del Paese. In Sudan prima dell’attuale conflitto c’erano già 3,7 milioni di sfollati interni a causa di lotte politiche ed etniche e 1,1 milioni di rifugiati e richiedenti asilo. Dallo scorso 15 aprile 2023, secondo l’Ocha (Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari) sono fuggite più di 940.000 persone sfollate, di cui più di 736.000 all’interno del Paese e quasi 205.000 nei Paesi vicini. Almeno un migliaio i morti dal 15 aprile. In Sud Sudan Caritas italiana aiutava già le Caritas locali nei progetti di emergenza a causa di una gravissima crisi alimentare e umanitaria. “Ora stanno impegnando le stesse risorse – spiega Cavalletti -. Come Caritas italiana abbiamo dato disponibilità per ulteriori contributi, purtroppo dobbiamo fare i conti con le donazioni, che non sono consistenti”.

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