Regno Unito: vescovi su legalizzazione del suicidio assistito, “maggiore investimento del governo nelle cure palliative”

La Conferenza episcopale di Inghilterra e Galles sostiene con convinzione, invece della legalizzazione del suicidio assistito, un maggiore investimento del governo nelle cure palliative così che diventino accessibili e disponibili in tutto il Paese. La cura della vita umana dovrebbe essere “un’arte terapeutica”, che armonizza una rete di rapporti che coinvolgono pazienti, parenti, professionisti della salute, sacerdoti e la comunità tutta, nel contesto di una cura che riconosce l’amore duraturo di Dio per gli esseri umani e protegge la vita fino alla sua morte naturale”. Sono queste le parole, rese pubbliche per la prima volta, usate dal vescovo John Sherrington, responsabile del settore bioetica per la Chiesa cattolica di Inghilterra e Galles, nella relazione inviata alla commissione parlamentare Sanità e Assistenza sociale di Westminster. La commissione ha avviato, lo scorso dicembre, un vasto processo di consultazione al fine di considerare la possibilità di legalizzare il suicidio assistito. Nel Regno Unito chi incoraggia o aiuta una persona a suicidarsi viene punito con il carcere fino a 14 anni anche se, spesso, la legge non interviene se il malato ha fatto una scelta volontaria e chi l’ha aiutato a morire può dimostrare di aver cercato di dissuaderlo. L’ultimo tentativo di legalizzare il suicidio assistito risale al 2015 quando la legge Marris venne sconfitta, alla Camera dei comuni, con 330 voti contro 118.

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