“Non dobbiamo sostituire la comunità fisica con quella digitale ma aumentare il potere della comunità fisica attraverso lo strumento digitale”. A dirlo è Giuseppe Riva, ordinario di Psicologia generale e Psicologia della Comunicazione, direttore dello Humane Technology Lab dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, durante il seminario dedicato dalla Cei all’educazione e al digitale questa mattina a Torino. “Chi ha provato – afferma -, sia come docente sia come studente, la formazione a distanza durante la pandemia non è rimasto soddisfatto. Il 70% dei docenti del nostro ateneo non ha amato la modalità e ancora di più l’hanno sofferta gli studenti”.
Come spiega il docente, lo scarso appagamento ha spinto a individuare le caratteristiche della modalità tradizionale di insegnamento in presenza: “L’attività formativa – sostiene Riva – si basa sul rapporto fra studente e docente, sull’essere in un luogo e in particolare in una classe. Il senso di luogo ha un ruolo fondamentale nei nostri processi cognitivi poiché noi umani siamo i luoghi che frequentiamo. Il luogo infatti è il primo aggregatore dei meccanismi della memoria, costruisce l’autobiografia e il senso di identità che permette di capire chi siamo. Se tolgo il luogo – sottolinea -, l’identità non c’è più. Le neuroscienze ci dicono che la scuola non ha solo l’obiettivo di darci informazioni ma di renderci anche parte di una comunità. Se non l’abbiamo, sperimentiamo un senso di assenza. Se usiamo la tecnologia – aggiunge – come complemento di una comunità, lo strumento funziona. Ma se devo costruire una comunità, solo con la tecnologia non ci riesco”. Le scoperte tratte dagli studi delle neuroscienze dicono che nel rapporto fra docente e studente entrano in gioco i neuroni specchio che permettono la creazione di un legame empatico. “Se siamo su Zoom o Meet – afferma – il rispecchiamento non c’è più; gli studenti non riescono a essere coinvolti, non sentono la passione e il ruolo di chi li deve guidare. Le neuroscienze ci dicono inoltre che la tecnologia ha messo in crisi la capacità di stare in gruppo per trovare soluzioni collettive, ovvero, la sincronizzazione delle onde cerebrali i cervelli che si uniscono e vanno oltre la somma. Fare attività creativa su Zoom infatti non funziona”. Tuttavia, come riconosce il docente, esistono anche le comunità on line: “Ma – osserva – sono diverse”. “Quelle fisiche sono comunità di soggetti diversi, avvicinano le persone che altrimenti non si sarebbero incontrate. Le comunità digitali sono l’opposto, sono comunità di uguali. Nelle comunità fisiche si devono per forza sviluppare dei meccanismi democratici, per permettere a tutti di dire la propria. In quelle digitali, si innescano processi di polarizzazione che non permettono uno scambio”.