“Pasqua è, secondo il Nuovo Testamento, l’andare incontro al Signore rimanendo stupiti, poiché Egli offre ai discepoli qualcosa d’inatteso o, comunque, di molto più grande rispetto alle loro umane aspettative”. Lo ha detto questa mattina il patriarca di Venezia Francesco Moraglia, nell’omelia della messa in basilica cattedrale di San Marco, soffermandosi quindi sul ruolo delle donne nei primi momenti della risurrezione. “Dicono che la Pasqua ribalta ogni criterio umano e storico – ha spiegato -, non solo perché la morte è sconfitta dalla vita ma perché scardina le consuetudini socio-culturali del tempo. Il primo annuncio della Pasqua è dato infatti alle donne, ossia a coloro che erano considerate insignificanti sia culturalmente sia socialmente, eppure l’annuncio della Pasqua sarà recato alla Chiesa proprio da loro; si tratta di una vera rivoluzione”. Così le donne diventano “le apostole degli apostoli”. di qui il pensiero alle grandi mistiche che “hanno attraversato la vita della Chiesa, in numero proporzionalmente maggiore rispetto agli uomini: Teresa d’Avila, Teresina di Lisieux, Caterina da Siena, Caterina da Genova, Chiara d’Assisi, Ildegarda di Bingen, Faustina Kowalska, per fare solo alcuni nomi”.
Pasqua, infine, é “la sintesi matura delle tre virtù teologali – ha osservato ancora Moraglia -. Si vive, infatti, la Pasqua come mistero di fede per cui ci si apre all’improbabile, a ciò che sul piano umano è l’impossibile e che potremmo definire ‘improbabile ma vero’. Nello stesso tempo Pasqua è la speranza dell’umanità. Non si tratta, così, solo di rivestire di soprannaturale le nostre attese e i nostri desideri umani. La Pasqua è l’evento accaduto, è la certezza, ossia la persona vivente di Gesù crocifisso. Per i discepoli del Risorto – la conclusione del patriarca – si tratta quindi di vivere la fede, la speranza e la carità, le tre virtù teologali che a Pasqua risaltano in pienezza”.