“Che cosa significa andare in Galilea?” Lo ha chiesto Papa Francesco questa sera, nell’omelia della Veglia pasquale nella Notte Santa, presieduta nella Basilica vaticana. “Due cose – la risposta -: da una parte uscire dalla chiusura del cenacolo per andare nella regione abitata dalle genti, uscire dal nascondimento per aprirsi alla missione, evadere dalla paura per camminare verso il futuro. Dall’altra parte, significa ritornare alle origini, perché proprio in Galilea tutto era iniziato. Lì il Signore aveva incontrato e chiamato per la prima volta i discepoli. Dunque andare in Galilea è tornare alla grazia originaria, è riacquistare la memoria che rigenera la speranza, la ‘memoria del futuro’ con la quale siamo stati segnati dal Risorto”. “Ecco allora che cosa fa la Pasqua del Signore – ha spiegato il Papa -: ci spinge ad andare avanti, a uscire dal senso di sconfitta, a rotolare via la pietra dei sepolcri in cui spesso confiniamo la speranza, a guardare con fiducia al futuro, perché Cristo è risorto e ha cambiato la direzione della storia; ma, per fare questo, la Pasqua del Signore ci riporta al nostro passato di grazia, ci fa riandare in Galilea, là dov’è iniziata la nostra storia d’amore con Gesù. Ci chiede, cioè, di rivivere quel momento, quella situazione, quell’esperienza in cui abbiamo incontrato il Signore, abbiamo sperimentato il suo amore e abbiamo ricevuto uno sguardo nuovo e luminoso su noi stessi, sulla realtà, sul mistero della vita”. “Per risorgere, per ricominciare, per riprendere il cammino, abbiamo sempre bisogno di ritornare in Galilea, cioè di riandare non a un Gesù astratto, ideale, ma alla memoria viva, concreta e palpitante del primo incontro con Lui. Sì, fratelli e sorelle, per camminare dobbiamo ricordare; per avere speranza dobbiamo nutrire la memoria”. Questo è l’invito: ricorda e cammina! – ha concluso Francesco -. Se recuperi il primo amore, lo stupore e la gioia dell’incontro con Dio, andrai avanti. Ricorda e cammina”.