“Ero un parroco di 40 anni quando arrivò la guerra: degli agenti armati entrarono in casa parrocchiale e mi portarono in un campo dove trascorsi quattro mesi”. Comincia così il racconto di un sacerdote della Penisola Balcanica, prigioniero e torturato in un campo e alla fine salvato da una donna musulmana, Fatima, che gli portò aiuti e cibo “facendosi largo in mezzo all’odio: fu per me come la Veronica di Gesù”. “Furono mesi terribili”, il suo ricordo nella sesta stazione della Via Crucis: “Privi delle minime condizioni igieniche, pativamo fame e sete, senza poterci lavare e rasare; venivamo maltrattati fisicamente, picchiati e torturati con vari oggetti. Mi portavano fuori, anche cinque volte al giorno, soprattutto di notte, chiamandomi parroco e colpendomi. Mi ruppero, tra l’altro, tre costole e minacciarono di strapparmi le unghie, di mettermi sale sulle ferite, di scorticarmi vivo. Una volta fu talmente difficile resistere che pregai la guardia di uccidermi, convinto com’ero che l’avrebbero fatto lo stesso”. “Ora, fino alla fine dei miei giorni, testimonio gli orrori della guerra e grido: Mai più la guerra!”, ha concluso il parroco.