Il Venerdì Santo è il giorno in cui si celebra la Passione e morte di Gesù seguita dal rito della Via Crucis. Dal Colosseo, in compagnia del Papa, fin nella più sperduta parrocchia di periferia, la Chiesa intera fa memoria del sacrificio e dell’offerta del Figlio di Dio. E sono molte le comunità nelle quali il racconto della Passione si fa ancora più vivo e partecipato, magari attraverso una rappresentazione vivente capace di guidare e condurre nel Mistero della fede.
Come quella svoltasi nei giardini del Centro di riabilitazione guanelliano San Giuseppe di Via Aurelia Antica, a Roma, dove, da 8 anni, gli ospiti della ospiti della struttura dedicata alla diagnosi e alla cura della disabilità mentale si sono calati nei personaggi raccontati dai vangeli rappresentando la Passione vivente offrendo ai numerosi presenti un momento di forte e intensa spiritualità. “Abbiamo iniziato con la Via Crucis classica – ha osservato don Fabio Lorenzetti, direttore del Centro di riabilitazione – ma poi, nel corso del tempo, ci siamo accorti che era troppo statica. Per questo abbiamo deciso di coinvolgere i nostri ospiti, gli operatori, i volontari e quest’anno addirittura altre persone allargando l’invito all’intera Prefettura. Ci siamo lasciati trascinare da loro. Quest’anno, dopo la pausa dovuta alla pandemia, abbiamo dovuto riorganizzare tutto a cominciare dalla strumentazione e dall’esecuzione e messa in scena di alcune coreografie. Ma anche il confezionamenti dei costumi e la realizzazione delle scene. E a proposito di questo, un ringraziamento particolare va agli operatori che hanno conservato e realizzato nuovi abiti. Ci teniamo che tutti coloro che partecipano alla rappresentazione portino con sé, come segno, un abito o una croce e che magari, alle prossime rappresentazioni, tornino già vestiti, come protagonisti contemporanei della Passione di Gesù”.
E così, partendo dall’Ultima Cena e dalla Lavanda dei piedi, nei giardini della struttura, sono state allestite con cura le scenografie delle varie stazioni nelle quali sono stati rappresentati i momenti salienti della passione di Cristo. Da Gesù nell’Orto degli ulivi al tradimento di Giuda; dall’interrogatorio nel palazzo del sommo sacerdote di Gerusalemme con la condanna di Caifa al confronto, nel Pretorio, con il governatore Pilato. E poi a seguire Gesù aiutato dal cireneo, l’incontro con la Madre e la Veronica e il panno con il volto di Gesù, il percorso verso il Calvario e infine la morte in croce.
All’inizio di ogni scena una fila di danzatrici ha svolto il ruolo di “sipario vivo”, una sorta di “overture” pronta, dopo una breve esibizione, ad aprirsi per mostrare la scena e introdurre i partecipanti nelle scena facendoli diventare parte viva della rappresentazione.
“Siamo qui per partecipare alla passione di Gesù Cristo – ha detto nella sua introduzione all’evento don Fabio Lorenzetti – questa sera forse potremmo scorgere, in qualche modo, il volto di Dio Padre. È la passione di Cristo e anche dell’uomo, di tanta umanità. È la passione per Cristo e per l’uomo”.
Invitando tutti a rimanere in ascolto delle emozioni ha quindi aggiunto: “Non siamo qui per assistere ad una rappresentazione, ma per accoglierne il significato, per passare da spettatori a protagonisti. Sta a noi scegliere quale parte vogliamo rappresentare nella passione di Cristo, chi vogliamo essere, da che parte vogliamo stare. Cristo non esclude nessuno dalla salvezza, purché ciascuno voglia essere salvato. Non esclude nessuno dal suo cammino verso il calvario ci invita tutti a seguirlo nella sua danza: la danza sotto la croce”.
E così, in un silenzio colmo di preghiera, tutti si sono messi in cammino dietro Gesù, dal Cenacolo al Monte del Calvario, seguendo nel buio del giardino una luce che illuminava il Salvatore, luce del mondo.
Al termine, dopo un momento di preghiera conclusiva insieme al prefetto don Roberto Cassano, ha preso la parola il vescovo ausiliare di settore, mons. Baldassarre Reina. Una breve riflessione la sua, con la quale ha voluto ricordare e comprendere tra le croci del nostro tempo quelle dei migranti e in particolare della tragedia di Cutro. Significativo l’atto finale della manifestazione: ogni partecipante infatti ha avuto la possibilità di deporre (e unire) la propria croce ai piedi di quella di Gesù.