“Il Signore non ci ha solo scelti e chiamati: ha riversato in noi l’unzione del suo Spirito, lo stesso che è disceso sugli apostoli”. Lo ha spiegato il Papa, nell’omelia della Messa del Crisma, presieduta e celebrata nella basilica di San Pietro. “Guardiamo dunque a loro, agli Apostoli”, l’invito di Francesco: “Gesù li scelse e sulla sua chiamata lasciarono le barche, le reti, la casa. L’unzione della Parola cambiò la loro vita. Con entusiasmo seguirono il Maestro e cominciarono a predicare, convinti di compiere in seguito cose ancora più grandi; finché arrivò la Pasqua. Lì tutto sembrò fermarsi: giunsero a rinnegare e abbandonare il Maestro. Fecero i conti con la loro inadeguatezza e compresero di non averlo capito: il ‘non conosco quest’uomo’, che Pietro scandì nel cortile del sommo sacerdote dopo l’ultima Cena, non è solo una difesa impulsiva, ma un’ammissione di ignoranza spirituale: lui e gli altri forse si aspettavano una vita di successi dietro a un Messia trascinatore di folle e operatore di prodigi, ma non riconoscevano lo scandalo della croce, che sbriciolò le loro certezze”. “Gesù sapeva che da soli non ce l’avrebbero fatta e per questo promise loro il Paraclito”, ha sottolineato il Papa: “E fu proprio quella seconda unzione, a Pentecoste, a trasformare i discepoli portandoli a pascere il gregge di Dio e non più sé stessi. Fu quell’unzione di fuoco a estinguere la loro religiosità centrata su sé stessi e sulle proprie capacità: accolto lo Spirito, evaporano le paure e i tentennamenti di Pietro; Giacomo e Giovanni, bruciati dal desiderio di dare la vita, smettono di inseguire posti d’onore, il carrierismo nostro; gli altri non stanno più chiusi e timorosi nel Cenacolo, ma escono e diventano apostoli nel mondo”. “Sono pastore di Dio o di me stesso?”, la domanda a braccio.