“Noi tutti, fratelli e sorelle, Chiesa di Treviso che cammina insieme nella storia, sapremo guardarci tra noi, rinnovando il gusto e lo stupore di ritrovarci amati e voluti dal Signore tutti e tutti insieme, anche quando tra noi siamo così differenti da sembrarci degli estranei? Riusciremo a guardarci gli uni gli altri senza mettere al centro differenze, diffidenze o paure, ma partendo dallo sguardo di Cristo che vede ogni particolare originale come ricchezza, dono e possibilità di vita per tutti? Riusciremo a volerci bene, senza riserve?”. Sono gli interrogativi posti questa mattina da mons. Michele Tomasi, vescovo di Treviso, nell’omelia pronunciata durante la Messa crismale che ha presieduto in cattedrale, concelebrata anche dai vescovi emeriti Gianfranco Agostino Gardin, Paolo Magnani, e poi da mons. Alberto Bottari De Castello e mons. Cesare Bonive.
Il presule ha invitato i sacerdoti a ricordare i loro inizi, “quando anche a noi il Signore Gesù è apparso e si è manifestato, quando Lui ha scaldato il nostro cuore, ha fasciato il nostro cuore ferito, ha dato un significato alla nostra esistenza, ci ha detto: ‘Non temere, non avere paura, sono io, sono accanto a te’”. E ha ricordato che non si tratta mai di un incontro solitario: “Chi incontra il Signore è sempre assieme ad altri, ad altre. Sempre in una comunità”. Mons. Tomasi non ha nascosto le fatiche che talvolta ci sono nei rapporti interpersonali – “Non sempre facciamo tutti a gara per stimarci a vicenda” –, ma ha voluto ricordare che “noi non ci siamo scelti. Il fondamento che ci fa essere qui oggi, non è un’amicizia tra noi. Questa potrà eventualmente diventare un dono se lo vorremo accettare. Il fondamento del nostro incontro ha a che fare con quello sguardo rivolto a Gesù, e soprattutto con il suo sguardo che incrociamo, rivolto a noi”. Molte le domande-appello che il vescovo ha rivolto ai sacerdoti: “Cari fratelli preti, così generosi, forti, impegnati, innamorati di Cristo e testimoni del Vangelo, ma anche a tratti feriti, smarriti, affaticati o anche trascurati, riusciamo a riconoscerci tra noi in questo sguardo che rivolgiamo al Signore, contemplando lo sguardo che egli rivolge a ciascuno dei fratelli e delle sorelle come fa con me? Con ciascuno e con tutti? Riusciamo a trovare un motivo vero, forte, reale per tornare a promettere, come faremo tra poco, di ‘unirci e conformarci intimamente al Signore Gesù, rinunciando a noi stessi’?”. Una rinuncia a volte “a un progetto di vita, alla mia strada e alle mie sicurezze? Ai miei sogni di una Chiesa altra – migliore, forse, ma solo un’idea – a vantaggio di un cammino più feriale, ma percorso con queste concrete persone, in questa nostra meno romantica ma concretissima compagnia?”.