Sono ormai giunto ai due terzi delle “visite fraterne” nelle case dei sacerdoti. “Qualcuno mi ha chiesto perché sto facendo ora questa visita: è stata un’intuizione che mi è venuta dal Signore”. Lo ha detto, nell’omelia alla Messa crismale del Giovedì Santo, il vescovo di Novara, mons. Franco Giulio Brambilla. “Riservandomi alla fine della visita qualche considerazione più argomentata, mi soffermo adesso solo su alcune impressioni ancora iniziali. Ho pensato di vestire queste impressioni con la forma di un ‘decalogo della casa’ del prete – ha affermato mons. Brambilla -. La casa del sacerdote è il momento domestico, è il sasso, di evangelica memoria, su cui posare il capo per riprendersi e ripartire per la missione. Le ‘dieci parole’ che voglio suggerirvi sono pensieri di incoraggiamento: dette così sono imperativi, che però suppongono l’indicativo del dono di grazia. Non c’è decalogo senza promessa e alleanza”. Un decalogo, ha proseguito il vescovo che viene dalle “porte delle vostre case sempre aperte. L’annuncio del primato di Dio deve essere disarmato e disarmante senza condizioni. Dobbiamo essere orgogliosi di essere preti diocesani, proprio nella fragilità di un ministero esposto sovente ad essere frainteso: se la parrocchia è la forma dell’annuncio cristiano rivolto a tutti, il suo pastore annuncia il Vangelo mirandolo su ciascuno, senza condizioni”. “È come il lievito che si perde nella pasta – ha concluso -, è come il sale che si scioglie nel cibo, perché solo così fa crescere e dona sapore”.