Nel 2022, il Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa ha ricevuto dalla Corte europea dell’uomo 49 casi contro l’Italia per la supervisione dell’esecuzione delle sentenze della Corte. L’Italia resta tra i Paesi con più casi presentati. Nel 2021 erano 59 e 28 del 2020. È quanto emerge dall’ultimo rapporto annuale del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa sull’esecuzione delle sentenze della CEDU, pubblicato oggi. Al 31 dicembre 2022, l’Italia aveva 187 casi in attesa di esecuzione (rispetto ai 170 del 2021 e ai 184 del 2020), di cui 23 erano “casi principali con procedura rafforzata” (gli stessi del 2021 e del 2020) e 35 erano “casi principali con procedura standard”. Si tratta di casi o questioni raggruppate su “l’irriducibilità delle pene detentive a vita in assenza di cooperazione con le autorità giudiziarie, mancata reazione delle autorità all’inquinamento atmosferico a danno della salute, la gestione inefficace e ritardata delle denunce per violenza domestica e il rispetto del diritto di visita dei genitori”. Tra le nuove violazioni riscontrate, una riguardava “la detenzione di persone con problemi di salute mentale nelle carceri ordinarie e la mancanza di capacità sufficiente negli istituti specializzati per accoglierle”. Il Comitato ha chiuso 32 casi, tra cui due casi principali in procedura rafforzata e due casi principali in supervisione standard. Un importante caso in procedura ordinaria è stato chiuso dopo una sentenza della Corte costituzionale italiana che ha dichiarato “incostituzionale l’attribuzione automatica, alla nascita o all’adozione, del cognome del padre”.