“La tragica vicenda della famiglia Vicentini, scoperta a L’Aquila venerdì 31 marzo, dove un padre ha ucciso la moglie e i due figli e poi si è tolto la vita, secondo noi, non può essere frettolosamente liquidata come dramma della disabilità”. È quanto si legge in una nota appena diffusa dalla Uildm (Unione italiana lotta alla distrofia muscolare). “Il fatto che il figlio Massimo avesse una distrofia muscolare non aggiunge né toglie nulla alla drammaticità della vicenda in sé – prosegue la Uildm –. Associare la disabilità a questa tragedia è per noi un azzardo perché non siamo in possesso di dati oggettivi che ci spieghino i motivi che hanno portato il padre a compiere questo gesto. Sarebbe limitante liquidare in questo modo un episodio del genere”.
Questa tragedia “ci tocca da vicino, non solo perché è coinvolta una persona con disabilità. Ci tocca soprattutto perché è stata cancellata in un colpo solo un’intera famiglia: quattro persone attive, impegnate nel lavoro, in una vita di affetti e relazioni, ora non ci sono più. Tra queste c’era anche Massimo che aveva sì una malattia neuromuscolare, ma che sapeva vivere appieno la sua vita. Laureato, sportivo, Massimo era persona coinvolta e attiva nella propria comunità. E non conta la presenza o meno di una carrozzina o di un respiratore”. “Siamo profondamente addolorati per quanto è successo e ci stringiamo alla famiglia e agli amici in questo momento”, conclude la Uildm.