“Senza speranza non si può vivere”. Lo ha ribadito, a braccio, il Papa, nella catechesi dell’udienza di oggi, pronunciata in piazza San Pietro e dedicata a “Il Crocifisso: sorgente di speranza”. “La speranza di Dio nasce e rinasce nei buchi neri delle nostre attese deluse”, ha assicurato Francesco: “ed essa, la speranza vera, non delude mai. Pensiamo proprio alla croce: dal più terribile strumento di tortura Dio ha ricavato il segno più grande dell’amore. Quel legno di morte, diventato albero di vita, ci ricorda che gli inizi di Dio cominciano spesso dalle nostre fini: così egli ama operare meraviglie”. “Oggi, allora, guardiamo l’albero della croce perché germogli in noi la speranza”, l’invito: “quella virtù quotidiana, quella virtù silenziosa e umile ma che ci mantiene in piedi, che ci aiuta ad andare avanti”. “Pensiamo: dov’è la mia speranza, per essere guariti dalla tristezza”, l’esortazione ancora a braccio. “Ma quanta gente triste!”, ha esclamato il Papa, che ha raccontato fuori testo: “Quando potevo andare per le strade, adesso non mi lasciano, nell’altra diocesi, mi piaceva notare lo sguardo gente: quanti sguardi tristi, quanta gente triste, che parlava con se tessa, col telefonino soltanto ma senza pace”. “Ci vuole un po’ di speranza per essere guariti dalla tristezza di cui siamo la siamo malati, per essere guariti dall’amarezza con cui inquiniamo la Chiesa e il mondo. Guardiamo il Crocifisso. E che cosa vediamo? Vediamo Gesù nudo, spogliato, ferito, tormentato: è la fine di tutto. Lì c’è la nostra speranza”.