“È impegnativo venire qui, dove le domande, le denunce e i problemi producono un frastuono nella coscienza, più roboante dell’incessante rumore della grande industria. Ma dobbiamo esserci, non possiamo voltare la faccia, né per vigliaccheria, né per comodità e tantomeno per rassegnazione”. Lo ha detto mons. Filippo Santoro, arcivescovo di Taranto, celebrando questa mattina il precetto pasquale nello stabilimento di Taranto di Acciaierie d’Italia. “La vita, la salute e l’ambiente non possono essere consegnati né svenduti. Sono di nuovo tra voi – ha proseguito l’arcivescovo Santoro -, dopo tutti questi anni, e non posso fare a meno di ricordare l’ingiustizia e il dolore lacerante per le vite spezzate che negli anni abbiamo affidato al Signore; ricordiamo e preghiamo insieme per i nostri fratelli che tragicamente hanno perso la vita sul posto di lavoro, lì dove avrebbero dovuto solo costruire il loro futuro: preghiamo per Claudio Marsella, Francesco Zaccaria, Ciro Moccia, Cosimo Martucci, e Cosimo Massaro. Vi garantisco il mio perpetuo impegno perché si coniughi pienamente e finalmente sicurezza e lavoro, salute e lavoro, senza alcun compromesso”. E ancora riferendosi al senso della Pasqua, ha affermato: “Nel Vangelo non troveremo risposte e soluzioni immediate ma lì troveremo il dinamismo della grazia perché la coscienza di ciascuno si apra a Dio. Persone di retta coscienza formano una società giusta. Non può esservi una società giusta senza individui che vivano onestamente e che nelle proprie scelte personali non decidano di perseguire il bene comune alla luce del Vangelo. Questo mi auguro, che cambino i cuori nel nome di Cristo e questo cambierà Taranto. Non c’è Stato, non c’è istituzione che possa aprire strade nuove se dal primo all’ultimo, da chi ha responsabilità economica e civile, non lascia che il nuovo umanesimo di Cristo, che conferisce a tutti pari dignità e rispetto, parli alla singola coscienza. Di questo ho fiducia”.