Diocesi: card. Cantoni (Como), “vivere permanentemente da risorti, alla luce e con la forza di Cristo, crocifisso e risorto per noi”

“Vivere permanentemente da risorti, alla luce e con la forza di Cristo, crocifisso e risorto per noi”: è l’invito che il card. Oscar Cantoni, vescovo di Como, ha rivolto ai giovani, ieri sera, durante la Via Crucis a Como.
“Alcol, droga e sesso, le varie dipendenze, incluso il telefonino a cui restare permanentemente aggrappati, sono spesso gli unici strumenti che molti di voi usano per coprire e riempire solitudini abissali, disagi interiori, paure inconfessate, incomprensioni subite”, ha osservato il porporato, descrivendo “giovani lasciati soli, spesso incompresi dalle loro famiglie, dagli adulti in genere, frustrati nella loro solitudine, incapaci di esprimere i sentimenti profondi dell’anima, senza prospettive serie di lavoro e quindi di futuro”.
Capendo, anche se non giustificando,” le reazioni improprie di certuni, che vogliono buttar fuori ad ogni costo la loro rabbia, incapaci di reagire ai problemi e alle tensioni soffocate dentro e a lungo”, il vescovo di Como ha evidenziato che “Cristo crocifisso e risorto conosce le povertà e gli aneliti dei giovani di oggi”. “Egli vuole essere per ciascuno di voi sorgente di vita piena e di speranza – ha detto, rivolgendosi direttamente ai giovani -. Il Signore confida in voi e vi chiama con amicizia e fiducia a costruire un mondo nuovo, più umano, più solidale e fraterno attraverso vie evangeliche. Non aspetta che diventiate perfetti. Il Signore ci prende, infatti, così come siamo e ci aiuta pazientemente ad evolvere, con la sua grazia, perché diventiamo ciò che ciascuno è chiamato ad essere”.
Parlando delle difficoltà dei giovani ad avere fiducia nella Chiesa, il porporato ha esortato a “imparare a ricuperare le distanze, abbattere i muri di prevenzione, avvicinarsi alla Chiesa non come a una istituzione rigida, ma come una famiglia”: “Certo, una famiglia imperfetta, almeno la Chiesa di quaggiù, imperfetta come sono tutte le nostre famiglie, ma luogo in cui circola una linfa vitale, che genera santi, ossia uomini e donne pienamente riusciti, testimoni di una vita buona, di una vita nuova, risorta con Cristo. La comunità cristiana vorrebbe essere come una famiglia che accoglie tutti, che non fa differenze tra le persone, che non giudica, ma possiede una capacità di riconciliazione e di pacificazione. Mette in grado le persone di ricominciare una vita più bella. Promuove relazioni intense e vere, amicizie che rassicurano, propone uno stile di vita vivibile”.
Ammettendo che “molti di voi sono disamorati dalle nostre liturgie, spesso lontane dalla vostra sensibilità e dal vostro linguaggio, senza un vostro personale coinvolgimento” e soffrendo per la mancanza di giovani alla messa, il card. Cantoni si è chiesto: “Siamo noi adulti ancora capaci di trasmettere ai ragazzi e ai giovani la fede, con pieno entusiasmo?”. Di qui un ulteriore interrogativo: “Cosa viene per prima, cosa privilegiare? Credere per amare o amare per credere?”. “Non sono pochi tra voi quelli che incominciando ad amare, a frequentare i poveri, aiutandoli con regolarità, diventando loro amici, cominciando a donare tempo ai più piccoli, a vivere esperienze comunitarie di vita fraterna, sono usciti dai loro ristretti confini personali, per abbracciare i fratelli, per sostenere i più fragili, senza considerarli materiale di scarto, e hanno ricevuto più di quanto essi hanno saputo donare – ha affermato il vescovo -. Hanno scoperto una gioia profondissima che ha cambiato loro la vita e ha rovesciato le loro prospettive”. Rammentando “la consolante testimonianza di un giovane” – “I poveri mi hanno fatto cristiano” -, il card. Cantoni ha concluso: “Vorrei che anche voi poteste constatare questa bella e dolcissima realtà”.

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