Papa in Ungheria: al mondo della cultura, “quanti individui isolati, molto social e poco sociali”

“Cosa accadrà quando ci troveremo davanti al prevalere degli imperativi della tecnica? La vita, ormai, è inquadrata in un sistema di macchine”. Incontrando il mondo universitario e della cultura, a Budapest, nel suo ultimo appuntamento pubblico prima di congedarsi dall’Ungheria, il Papa è partito da questa frase di Romano Guardini, pronunciata un secolo fa, per chiedersi, insieme al famoso intellettuale e uomo di fede: “In un tale sistema, la vita può rimanere vivente? È una questione che, specialmente in questo luogo, dove si approfondiscono l’informatica e le scienze bioniche, è bene porsi”. “Quanto intravisto da Guardini appare evidente ai nostri giorni”, la tesi di Francesco: “pensiamo alla crisi ecologica, con la natura che sta semplicemente reagendo all’uso strumentale che ne abbiamo fatto. Pensiamo alla mancanza di limiti, alla logica del ‘si può fare, dunque è lecito’. Pensiamo anche alla volontà di mettere al centro di tutto non la persona e le sue relazioni, ma l’individuo centrato sui propri bisogni, avido di guadagnare e vorace di afferrare la realtà. E pensiamo di conseguenza all’erosione dei legami comunitari, per cui la solitudine e la paura, da condizioni esistenziali, paiono tramutarsi in condizioni sociali”. “Quanti individui isolati, molto social e poco sociali – il grido d’allarme del Papa – ricorrono, come in un circolo vizioso, alle consolazioni della tecnica come a riempitivi del vuoto che avvertono, correndo in modo ancora più frenetico mentre, succubi di un capitalismo selvaggio, sentono come più dolorose le proprie debolezze, in una società dove la velocità esteriore va di pari passo con la fragilità interiore”.

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