La croce nel carcere della Dogaia e nell’ospedale Santo Stefano di Prato. Due luoghi periferici e di sofferenza vivranno insieme al vescovo Giovanni Nerbini la passione di Cristo in attesa della resurrezione di Pasqua. “È un segno di speranza che intendiamo rinnovare con i detenuti e i malati, persone che attendono di poter superare la loro condizione per tornare alla vita”, ha spiegato il presule.
Oggi, lunedì 3 aprile, alle 18, è in programma il rito della Via Crucis nella casa circondariale della Dogaia. Insieme al cappellano don Enzo Pacini, il vescovo toccherà le stazioni sistemate all’esterno, lungo i muri perimetrali del carcere. “I detenuti potranno affacciarsi alle finestre e seguire le preghiere e le invocazioni che proporremo – aggiunge mons. Nerbini –, se fossimo andati all’interno avrebbero potuto partecipare soltanto coloro che vivono in quella sezione”. All’iniziativa sono stati coinvolti i volontari, i catechisti e i membri del Gruppo Barnaba che svolgono servizio in carcere in collaborazione con don Enzo. Il vescovo tornerà alla Dogaia la domenica di Pasqua per celebrare la prima messa del giorno, alle 8.30, per i detenuti.
Il Venerdì Santo, come avviene ormai dal primo anno della pandemia, mons. Nerbini guiderà la Via Crucis all’ospedale Santo Stefano. Alle 15.30 la croce percorrerà il perimetro esterno del nosocomio, con le stazioni curate dalla cappellania ospedaliera guidata da don Carlo Bergamaschi e dalle associazioni impegnate nell’ambito sanitario. L’idea, nata durante il Covid, è stata apprezzata fin da subito dai degenti del Santo Stefano, dal personale sanitario, ma anche dalla città.
Vivere insieme al vescovo uno dei momenti centrali del Triduo dove ci sono dolore e preoccupazioni – spiegano dalla diocesi –, testimonia la volontà della Chiesa di Prato di portare conforto e attenzione nei confronti di coloro che soffrono.