“Anche in questo Paese, dove la tradizione di fede rimane ben radicata, si assiste alla diffusione del secolarismo e a quanto lo accompagna, il che spesso rischia di minacciare l’integrità e la bellezza della famiglia, di esporre i giovani a modelli di vita improntati al materialismo e all’edonismo, di polarizzare il dibattito su tematiche e sfide nuove”. A lanciare il grido d’allarme è stato il Papa, che incontrando il clero ungherese ha messo in guardia dalla tentazione “di irrigidirsi, di chiudersi e assumere un atteggiamento da combattenti”, e da una sorta di “paganesimo soft” oggi dominante. Al contrario, l’imperativo da raccogliere è quello ad “entrare in dialogo con le situazioni di oggi, saper ascoltare le domande e le sfide senza paura o rigidità”. Tra le criticità attuali, Francesco ha segnalato “il sovraccarico di lavoro per i sacerdoti”: da un lato, infatti, “le esigenze della vita parrocchiale e pastorale sono numerose ma, dall’altro, le vocazioni calano e i preti sono pochi, spesso avanti negli anni e con qualche segno di stanchezza”. “Questa è una condizione comune a molte realtà europee, rispetto alla quale è importante che tutti – pastori e laici – si sentano corresponsabili: anzitutto nella preghiera, perché le risposte vengono dal Signore e non dal mondo, dal tabernacolo e non dal computer”, l’indicazione di rotta del Papa, secondo il quale “c’è bisogno di avviare una riflessione ecclesiale – sinodale, da fare tutti insieme – per aggiornare la vita pastorale, senza accontentarsi di ripetere il passato e senza paura di riconfigurare la parrocchia sul territorio, ma ponendo come priorità l’evangelizzazione e avviando un’attiva collaborazione tra preti, catechisti, operatori pastorali, insegnanti. Siete già in cammino su questa strada: non fermatevi”. “Se siamo distanti o divisi, se ci irrigidiamo nelle posizioni e nei gruppi, non portiamo frutto, pensiamo a noi stessi, alle nostre idee, alle nostre ideologie”, ha ribadito Francesco: “È triste quando ci si divide perché, anziché fare gioco di squadra, si fa il gioco del nemico: il diavolo è quello che divide, è la sua specialità, e noi vediamo i vescovi scollegati tra loro, i preti in tensione col vescovo, quelli anziani in conflitto con i più giovani, i diocesani con i religiosi, i presbiteri con i laici, i latini con i greci; ci si polarizza su questioni che riguardano la vita della Chiesa, ma pure su aspetti politici e sociali, arroccandosi su posizioni ideologiche. ”. “Non lasciate entrare le ideologie, quello è il lavoro del diavolo: il primo lavoro pastorale è la comunione”, l’aggiunta a braccio. Alla fine, un elogio ancora a braccio al “lavoro bello dei catechisti, che sono le colonne della Chiesa”.