“Dal 2003, i civili in Sudan sono sottoposti a violenze estreme. In seguito agli attacchi dei gruppi di opposizione armata, le forze governative sudanesi hanno risposto prendendo di mira non solo i combattenti, ma anche le popolazioni civili di alcuni gruppi etnici ritenuti dal governo sostenitori degli insorti”, afferma oggi Amnesty International. “Questa strategia di contro-insurrezione, che il governo continua ad attuare, ha provocato un’atroce quantità di morti, distruzione e sfollamento. Centinaia di migliaia di civili sono stati uccisi e innumerevoli altri hanno patito la fame e la disidratazione e sono stati colpiti da malattie; centinaia di villaggi sono stati distrutti; innumerevoli mezzi di sussistenza sono stati rovinati; stupri e altre violenze sessuali nei confronti di donne e ragazze sono stati frequenti”. Nel 2016, Amnesty International ha documentato come le forze governative abbiano utilizzato armi chimiche contro i civili nella regione di Jebel Mara, nel Darfur.
“Gli attacchi, ancora in corso, comprendono uccisioni illegali, percosse, violenze sessuali, saccheggi e incendi di villaggi. Il governo deve ancora dimostrare di essere disposto o in grado di proteggere i civili o di ritenere responsabili i colpevoli. Le forze governative sudanesi e i membri delle Fsr sono i responsabili dell’inizio del conflitto, durante il quale anche i gruppi militari affiliati al governo hanno preso di mira i civili”.
“Oggi, in Darfur i civili sono alla mercé delle stesse forze di sicurezza che hanno commesso crimini contro l’umanità e crimini di guerra sia in loco che in altre parti del Sudan”, sottolinea Tigere Chagutah, direttore di Amnesty International per l’Africa orientale e meridionale. “È vergognoso che le persone in Sudan debbano vivere quotidianamente nella paura. Devono essere concessi rimedi e risarcimenti effettivi a tutti i sopravvissuti che hanno subito violazioni o abusi dei diritti umani. Il tempo non deve essere un ostacolo alla giustizia”.