Armenia: denuncia dell’Œuvre d’Orient, “continua il genocidio armeno in Nagorno-Karabakh”

Armenia, continua il genocidio del popolo armeno in Nagorno-Karabakh/Artsakh. A lanciare l’allarme è L’Œuvre d’Orient, associazione cattolica francese che da più di 160 anni opera a sostegno delle comunità cristiane del Vicino e Medio Oriente e quindi “al fianco del popolo armeno dal XIX secolo”. “Per 133 giorni, ovvero più di quattro mesi, il Nagorno-Karabakh (Artsakh) è stato totalmente isolato dal mondo esterno”, scrive L’Œuvre d’Orient in un comunicato in cui fa sapere che per capire come aiutare il Paese a sostenere questa emergenza umanitaria, in questi giorni mons. Jean-Yves Tolot, presidente del consiglio di amministrazione de L’Œuvre d’Orient, è attualmente in Armenia. “Popolata esclusivamente da armeni, questa regione è una enclave nel territorio dell’Azerbaigian a causa dei capricci della storia sovietica”. L’Œuvre d’Orient ripercorre quando è successo nei mesi scorsi. Il 12 dicembre, violando sette dei nove articoli del cessate il fuoco firmato nel 2020, l’Azerbaigian ha dispiegato un blocco armato nel corridoio di Lachin, l’unica via che collega il Nagorno-Karabakh all’Armenia. Questo blocco isola così il Nagorno-Karabakh dalla sua unica fonte di cibo, medicine ed energia. Da più di quattro mesi il Nagorno-Karabakh è immerso in una situazione di carenza di beni di prima necessità (cibo, prodotti per l’igiene, medicinali, carburante ed elettricità). Oggi, 20.000 studenti non frequentano più la scuola in Nagorno-Karabakh e 860 imprese locali hanno sospeso le loro attività economiche. I 120.000 armeni che popolano la regione sono soggetti a grandi privazioni. “Con i suoi discorsi e le sue azioni – denuncia l’associazione –, il governo di Baku ha mostrato uno spirito che ricorda quello degli attori del genocidio armeno del 1915. Con questo blocco, l’Azerbaigian intende svuotare l’intera popolazione armena dell’Alto Karabagh soffocandola”. Il 15 novembre 2022 il Senato francese ha votato quasi all’unanimità una risoluzione che chiedeva il ritiro delle truppe azere che mantenevano una presenza nel corridoio di Lachin. A partire dal 12 dicembre, L’Œuvre d’Orient ha condannato fermamente questo inaccettabile blocco armato. Le azioni dell’Azerbaigian nel Corridoio Lachin violano i più elementari diritti umani. La situazione è seguita con preoccupazione anche da Papa Francesco. Lo scorso 14 settembre da Nur- Sultan, Francesco, al termine della messa, ha ricordato i “nuovi focolai di tensione nella regione Caucasica”. E poi il 18 dicembre, al termine dell’Angelus, ha espresso preoccupazione per la situazione umanitaria nel Nagorno-Karabakh. L’Œuvre d’Orient ricorda anche che negli ultimi quattro mesi, molti organismi governativi e non governativi si sono uniti alla condanna. Il 19 gennaio 2023, il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione sulle conseguenze umanitarie del blocco in Nagorno-Karabakh, chiedendo all’Azerbaigian di aprire immediatamente il corridoio. La Corte internazionale di giustizia ha emesso una sentenza il 22 febbraio 2023 per le Nazioni Unite, chiedendo all’Azerbaigian di aprire immediatamente il corridoio. Anche Amnesty International ha espresso le sue preoccupazioni e ha chiesto che il blocco venga revocato senza ulteriori indugi per porre fine alla crisi umanitaria.
“Di fronte a questa situazione, la cui urgenza continua a crescere – si legge nel comunicato –, L’Œuvre d’Orient fa appello a tutte le autorità nazionali, europee e internazionali. Permettere all’Azerbaigian di svuotare impunemente il Nagorno-Karabakh della sua popolazione aprirebbe la strada a tutte le peggiori trasgressioni dei diritti umani in futuro. Con il blocco del corridoio Lachin continua il genocidio armeno. Gli armeni hanno acquisito con il loro sangue il diritto di vivere in pace”. L’Œuvre d’Orient ha quindi deciso di lanciare una petizione per la riapertura del corridoio Latchine e la libera circolazione di persone e merci. Nel 2020, si è riaperto un conflitto armato tra le forze azere e quelle armene per il controllo della regione caucasica del Nagorno Karabakh. Dopo 44 giorni di aspri combattimenti, i rappresentanti dell’Armenia e dell’Azerbaigian, tramite la mediazione del presidente russo Vladimir Putin, hanno firmato un cessate il fuoco per consentire lo scambio di prigionieri e quello dei caduti, ma il conflitto è rimasto aperto e il cessate il fuoco più volte violato. Domenica, l’Azerbaigian ha istituito un posto di blocco sull’unico collegamento terrestre tra l’Armenia e l’enclave del Nagorno-Karabakh, scatenando la reazione rabbiosa dell’arcirivale Erevan.

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