(Nicosia) “Un appello pressante e una sorta di ‘testamento’ consegnato alle Chiese del Medio Oriente”: così il patriarca latino di Gerusalemme, Pierbattista Pizzaballa, ha definito l’Esortazione apostolica postsinodale “Ecclesia in Medio Oriente” di Benedetto XVI, aprendo oggi pomeriggio, a Nicosia (Cipro), i lavori del simposio “Radicati nella speranza”, promosso dalla Roaco (Riunione delle Opere di Aiuto alle Chiese Orientali), a 10 anni dalla sua firma avvenuta ad Harissa (Libano) il 14 settembre del 2012.
Davanti a oltre 250 rappresentanti delle Chiese cattoliche del Medio Oriente, tra loro patriarchi, vescovi, sacerdoti e esponenti di istituti religiosi e movimenti laici, Pizzaballa ha passato in rassegna gli eventi “epocali” degli ultimi tredici anni in Medio Oriente dall’uscita dell’Esortazione, in primo luogo, “l’esplosione e poi il tramonto della primavera araba, seguita dall’inverno arabo, con il suo riaffiorare di autoritarismi e dell’estremismo islamico. Le ‘primavere arabe’, che sembravano essere l’inizio di una rinascita del mondo arabo, in realtà – ha spiegato il patriarca latino – sono state l’inizio di una tragedia che ha coinvolto tutta la mezzaluna fertile, dal Nord Africa, in particolare l’Egitto, fino alla Siria. Il fondamentalismo islamico che ha caratterizzato principalmente quei Paesi in questo periodo, si è nutrito e sviluppato nel vuoto politico e sociale seguito alle primavere arabe, ma si è alimentato anche a causa d’interessi e influenze di parte della comunità internazionale”. Non sono mancati riferimenti alle vicende accadute in Egitto (2013), alle guerre civili in Siria (dal 2011 a oggi, sconfinata dal 2012-2014 anche in Turchia) con la rapida ascesa dello Stato Islamico dell’Iraq e della Siria (Isis) poi fermata dall’intervento di varie nazioni straniere, alle guerre civili irachene (2014-2018), libica (seconda guerra civile, dal 2014 a oggi), yemenita (dal 2015 a oggi), libanese (2019) fino alla pandemia, alla guerra di potere tra Arabia Saudita e Iran e ai terremoti in Siria e Turchia. “L’instabilità politica e militare dovuta a queste guerre e ad altri focolai locali ha causato – ha ricordato Pizzaballa – almeno 250.000 morti, tra cui le stragi perpetrate dall’Isis, e diversi milioni di profughi – con conseguenze economiche e sociali prevedibili, senza una prospettiva sicura né nei tempi né nelle destinazioni – oltre all’acuirsi del fondamentalismo e alla proliferazione e di organizzazioni terroristiche di matrice islamica. Iraq, Yemen e Siria sono i Paesi che hanno pagato il prezzo più alto in termini di vite umane e tragedie di ogni genere”. Dagli ultimi eventi, per il patriarca, appare sempre più chiaro come il destino di intere popolazioni in Medio Oriente sia asservito all’interesse di pochi, causando guerre e violenze che sono funzionali a modelli di sviluppo creati e sostenuti in gran parte dall’Occidente. Le comunità cristiane – ha sottolineato – hanno pagato un prezzo altissimo in queste tragedie. Se è vero, da una parte, che esse non sono state né il primo né l’unico obiettivo delle persecuzioni settarie, non si può comunque negare, dall’altra, il costo gravissimo pagato in termini di vite umane e di impoverimento generale della vita delle Chiese”. In mezzo a così gravi sconvolgimenti, ha rimarcato Pizzaballa – non mancano “segnali di speranza” come “la testimonianza di tanti fratelli e sorelle che in questi anni hanno coronato la vita con il martirio di sangue, o con il martirio ‘bianco’, vale a dire il fatto di aver sofferto le conseguenze delle persecuzioni o esser voluti rimanere – come tanti Vescovi, sacerdoti, religiosi e laici – nelle loro terre, conservando la fede e cercando di perdonare i propri nemici con l’aiuto della grazia; il Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune, di Abu Dhabi, la crescente apertura di alcuni esponenti dell’autorità civile e religiosa dei Paesi del Medio Oriente e del Golfo al dialogo con i cristiani e con la Chiesa Cattolica” come dimostrano, gli storici viaggi di Papa Francesco, con le relative visite ad autorità civili e religiose islamiche”. Da qui emerge con chiarezza, ha affermato il patriarca, che “Papa Francesco ha a cuore il Medio Oriente, le Chiese orientali, il dialogo ecumenico con gli ortodossi e il dialogo interreligioso, in particolare la fratellanza e la pace con i musulmani (il nome del Pontefice è profetico in questo senso!), oltre che con gli ebrei”. E riferendosi al magistero del Papa il patriarca latino ha concluso che “la Chiesa è sacramento di salvezza per il mondo e quindi per il Medio Oriente. La missione di essere luce, sale e lievito, implica che non importa quando grande sia la tenebra fuori, quanto senza sapore sia il mondo intorno a noi, quanti pochi fermenti ci siano nel nichilismo che ci attornia. La cosa veramente importante non è questa, ma che la luce, per quanto piccola, sia veramente luce e illumini, che il sale non perda il suo sapore. E questa è esattamente la nostra missione e la possiamo compiere solo noi”.