La malattia “è una realtà che fa paura e che, quando irrompe e assale, può lasciare l’uomo sconvolto, fino ad incrinarne la fede”. Lo ha detto il Papa, ricevendo in udienza i membri della Pontificia Commissione biblica. “La persona allora è posta di fronte a un bivio”, ha proseguito Francesco: “Può permettere alla sofferenza di portarla al ripiegamento su di sé, fino alla disperazione e alla ribellione; oppure può accoglierla come un’occasione di crescita e di discernimento su ciò che nella vita conta veramente, fino all’incontro con Dio”. “Quest’ultima è la visione di fede che troviamo nella Sacra Scrittura” ha fatto notare il Papa: “L’uomo dell’Antico Testamento vive la malattia con il pensiero costantemente rivolto a Dio. Non a caso l’attività pubblica del Cristo è segnata in gran parte proprio dal contatto con i malati. Le guarigioni miracolose sono una delle caratteristiche principali del suo ministero: risana i lebbrosi e i paralitici; guarisce la suocera di Simone e il servo del centurione; libera gli indemoniati e cura tutti i malati che si affidano a lui”. “La Croce di Cristo diventa il segno per eccellenza della solidarietà di Dio con noi e, nello stesso tempo, la possibilità per noi di unirci a lui nell’opera salvifica”, ha sottolineato Francesco: “La Bibbia non offre così una risposta banale e utopica alla domanda sulla malattia e sulla morte, né una risposta fatalistica, che giustifichi tutto attribuendolo ad un incomprensibile giudizio divino, o peggio a un destino inesorabile davanti al quale non resta che piegarsi senza comprendere. L’uomo biblico si sente piuttosto invitato ad affrontare la condizione universale del dolore come luogo di incontro con la vicinanza e la compassione di Dio, Padre buono, che con infinita misericordia si fa carico delle sue creature ferite per curarle, risollevarle e salvarle. Così in Cristo anche il patire si trasforma in amore e la fine delle cose di questo mondo diventa speranza di risurrezione e di salvezza, come ci ricorda l’autore del libro dell’Apocalisse”.