La provincia ecuadoriana di Esmeraldas, nel nord del Paese, alla frontiera con la Colombia, si trova avvolta in una spirale di violenza e massacri, provocati da uno scontro tra bande criminali del narcotraffico, ormai organizzate come veri e propri cartelli paramilitari: “Tiguerones” e “Choneros”. Il caso più grave si è verificato una settimana fa, il 12 aprile, quando un commando di trenta persone, in parte giunto da terra e in parte da mare, in modo sincronizzato, ha massacrato nove persone in una pescheria nella zona portuale di Esmeraldas. Un attacco che, per modalità e organizzazione, ha ricordato quello dei cartelli messicani. Il Governo, dopo la dichiarazione dello stato di emergenza rispetto alla sicurezza, ha proclamato ora anche lo stato di emergenza umanitaria. Di fronte a tale situazione, interviene il vescovo del vicariato apostolico di Esmeraldas, mons. Antonio Crameri. “È vero – scrive il vescovo – che la violenza, le mafie, l’ingiustizia sociale, l’incuria dello Stato e delle nostre autorità, così come la violenza strutturale hanno soggiogato la nostra città e la nostra provincia. Ma, sebbene non sia una novità, oggi è una crisi senza precedenti e la comunità di Esmeraldas ha persino paura di uscire per strada: stiamo vivendo una decomposizione che sembra non avere fine”.
Lo Stato, denuncia il vescovo, è “inefficace in ‘tempo di pace’ e ancora più inefficace in tempi di emergenze e disastri. E di fronte alla violenza si sono instaurate misure repressive e inefficaci”. Tuttavia, “con la dichiarazione di emergenza, con gli opportuni protocolli, si può attivare anche un maggiore impatto tecnico ed economico delle organizzazioni del sistema delle Nazioni Unite, non come forma di assistenza, ma per promuovere lo sviluppo integrale e la solidarietà”, l’auspicio di mons. Crameri, che chiede anche un’attenzione prioritaria alle carceri e una politica di presenza delle istituzioni e sviluppo integrale, andando alle cause profonde della situazione di insicurezza.