“Una gradita sorpresa, ma anche una preoccupazione per la responsabilità di questo intervento”. Così Álvaro Siza , in videocollegamento, ha definito la sua partecipazione al Padiglione della Santa Sede alla Biennale di Venezia, dove è autore dell’installazione “O encontro” (L’incontro), ospitata dalla comunità benedettina negli spazi gestiti dalla Benedicti Claustra Onlus nel monastero palladiano a San Giorgio Maggiore. “Non si può competere con la bellezza di San Giorgio”, ha spiegato l’architetto novantenne definendo il tema della Biennale “di una opportunità totale, in mezzo alle notizie che si leggono tutti i giorni sul giornale o si vedono un televisione”. Di qui la scelta di una installazione “abbastanza schematica nella sua definizione”, quella di un chiostro, ma nello stesso tempo animata da “persone che si dirigono verso il giardino, a dimostrazione del loro bisogno di incontro, e respirano solidarietà. Il contesto è molto schematico, ma c’è movimento, è evidente la volontà di camminare”. “Adesso vedremo la reazione della gente”, ha detto l’architetto, che a proposito di Venezia ha rivelato: “Non sarò alla Biennale, perché attualmente non sono in condizione di viaggiare. Ma è una città che ho visitato diverse volte, e la sensazione è sempre di essere come nella prima visita: dapprima un senso di ansietà, e poi la consapevolezza di viaggiare in un sogno. Anche il tema della biennale, proposto nella situazione di oggi, con tanti conflitti, è un sogno, che io spero – non rapidamente, ma progressivamente – si faccia realtà”. Anche Giacomo Borella, dello Studio Albori, è intervenuto alla conferenza stampa in sala stampa vaticana in videocollegamento, definendo “un grande onore e un grande privilegio” il suo coinvolgimento e del suo studio al progetto del Padiglione della Santa Sede: “Lo stiamo realizzando, siamo qui dall’inizio di aprile, lo stiamo facendo con le nostre mani. Gli ortisti sono già attivi nella coltivazione di giardini e orti sociali in varie parti di Venezia e della Laguna. L’intervento all’esterno è stato realizzato con materiali di scarto, interamente recuperati da demolizioni in alcuni cantiere del Veneto fatti convergere qui. L’orto è un modello di rapporto col creato: una pratica frugale, modesta, quotidiana, di ascolto, di attenzione verso i luoghi e la loro specificità, di simbiosi e di reciprocità con gli uomini. Tutto l’intervento è un omaggio ai temi indicati nella Laudato sì. Speriamo di esserne all’altezza.