Caritas: Laino (Università Federico II), “l’Italia è il Paese delle 4 G, in-giustizia geografica, di genere, fra generazioni e in-giustizia sociale”

Giovanni Laino - (Foto F. Carloni/Caritas italiana)

“L’Italia è Paese delle 4 G: in-giustizia geografica, di genere, fra generazioni e in-giustizia sociale”. Per i prossimi 20 e 30 anni “è necessario riformulare il patto sociale fondativo, agito ogni giorno, con un grande sforzo di lealtà, mettendoci d’accordo su quanta e quale ineguaglianza; quanta e quale illegalità e quanta e quale informalità possiamo e vogliamo tollerare”. E’ la provocazione lanciata oggi da Giovanni Laino, docente in Tecnica e pianificazione urbanistica presso l’Università Federico II di Napoli, nel suo intervento durante la seconda giornata di lavori del 43° Convegno nazionale delle Caritas diocesane in corso da ieri e fino al 20 aprile a Salerno. Il tema: “Agli incroci delle strade. Abitare il territorio, abitare le relazioni”. “In riferimento alla Costituzione e ad una idea della convivenza e del welfare fondata su una certa teoria della giustizia, oggi la vicinanza spaziale, la prossimità dei servizi va intesa come reale esigibilità – ha detto Laino -. Le periferie in genere non hanno innanzitutto bisogno del rammendo proposto da architetti. Questa impostazione suggerisce un fraintendimento, un errore. Le periferie hanno bisogno di programmi non occasionali che rendano effettivamente esigibili i diritti: spazi sì ma risorse umane, soldi, competenze”. Secondo il docente con fondi pubblici come quelli del Pnrr “sono stati finanziati centinaia di interventi fondamentalmente centrati sulla riqualificazione dello spazio fisico” ma “è facile prevedere che tali investimenti non cambieranno molto il grado di esigibilità dei diritti, soprattutto per tutte le persone che sono in condizioni i più gravi fragilità”.
Anche perché in Italia e in Europa vi sono periferie geografiche, quartieri residenziali, che non sono affatto periferie sociali. “A Napoli circa 40.000 persone abitano nei bassi e/o in condizioni di grave vulnerabilità, nel centro della città. Lo spazio conta ma conta di più il capitale sociale, l’effettiva disponibilità di risorse e servizi – ha precisato -. Spesso si scopre che diversi tipi di sofferenza urbana sono riprodotti dal cattivo funzionamento dei servizi”.
Perciò “in qualche modo il samaritano deve preoccuparsi che esista il servizio del 118. Evitando anche qui un approccio ideologico, forse è essenziale un orientamento teso a costruire la nostra ‘inutilità’”. “Il volontariato è di grande valore, ci sono emergenze che meritano risposte ma dobbiamo alzare lo sguardo, pretendere che i bisogni siano trattati come diritti dalla collettività – ha sottolineato -. Possiamo poi impegnarci a contribuire a inventare, strutturare, innovare questi servizi ma pretendendo un sostegno e una regia pubblica. Se i servizi (mense, dormitori, etc.) si perennizzano, devono rientrare nella responsabilità degli enti pubblici, anche entro un approccio di sussidiarietà. Nei secoli passati gli ospedali, le scuole erano assicurate dalla Chiesa. E’ ben evidente, anche se non sempre scontato, che oggi debba essere lo Stato a garantire diritti esigibili per salute, educazione, eccetera”. Per una seria politica di lotta alla riproduzione della povertà, secondo Laino sono necessarie alcune scelte di fondo: “lotta all’evasione fiscale e contributiva, lotta alle mafie, reddito di cittadinanza; lotta al lavoro nero, alla precarietà, al sotto salario; politiche per gli affitti e i senza casa, patrimoniale, tasse di successione, serie tutele dei lavori usuranti e ancillari”. “Non immagino politiche targate Caritas – ha concluso – ma azioni positive, strategie volte a scuotere le coscienze, i responsabili delle istituzioni. I poveri li avremo sempre con noi ma preoccupiamoci di rendere in prospettiva ‘inutili’ le mense, i dormitori o di responsabilizzare le istituzioni e le comunità locali ad assumerne la responsabilità”.

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