Il Fondo Welfare Dolomiti Belluno si è trasformato da comitato in fondazione. Ne dà notizia la diocesi di Belluno-Feltre, spiegando che le firme che hanno dato vita alla nuova realtà sono state poste oggi a Belluno da parte di 11 soci fondatori (espressione del mondo delle categorie economiche, dei sindacati, degli enti del Terzo settore e della Chiesa del territorio bellunese) e di tre sostenitori (Provincia, Conferenza dei sindaci e Fondo Welfare) che, in quanto enti pubblici, non possono diventare soci effettivi della Fondazione.
Le ragioni della trasformazione in Fondazione sono state spiegate da Francesca De Biasi che la presiederà. Si tratta di un’evoluzione, di un passo avanti – ha sottolineato – con il quale si cercherà di conservare gli aspetti positivi maturati in 4 anni di esperienza del Fondo Welfare (come la gratuità del lavoro dei soci o la velocità di azione che ha permesso, entro 6 mesi dalla tempesta Vaia, di distribuire oltre 500 mila euro a chi ne era stato colpito) e di aggiungerne di nuovi derivanti da una struttura più articolata (dotata anche di un organo di controllo) e dalla possibilità di attingere non solo a donazioni liberali, ma anche a fondi pubblici messi a disposizione del Terzo settore.
L’obiettivo della Fondazione – ha fatto presente ancora De Biasi – rimane sempre quello di ragionare sui problemi della provincia di Belluno (a partire dall’emergenza dello spopolamento) e di fornire indicazioni e proposte di intervento alle altre realtà del territorio, oltre naturalmente a raccogliere ed erogare fondi. A questo proposito ha informato che in 4 anni di attività il Fondo Welfare ha distribuito circa 700mila euro, parte dei quali frutto della decisione di 500 lavoratori (in buona parte dell’Ente Provincia) di destinare 1 euro al mese della loro busta paga al Fondo (un’iniziativa che si spera possa coinvolgere sempre più lavoratori, anche del settore privato). Il Fondo Welfare, inoltre, passerà più di 20mila euro non ancora distribuiti alla Fondazione che da parte sua avrà un capitale sociale di 30mila euro. Confermato poi l’impegno a continuare a seguire i settori attuali di intervento e cioè aiutare le donne vittime di violenza, erogare contributi alle famiglie in difficoltà, sostenere lo “sportello” che vuole facilitare il rientro in provincia di giovani e lavoratori.
Per il vescovo di Belluno-Feltre, mons. Renato Marangoni, si è trattato di “un percorso non scontato”; il presule ha fatto presente che questo passaggio rappresenta anche uno stimolo al territorio per passare da un atteggiamento passivo, di lamentela, a un atteggiamento attivo proprio di chi opera con fiducia nell’adempimento di una promessa di bene. Un segno del modo di procedere per il prossimo futuro, anche per la Chiesa – ha detto ancora il vescovo – in cui non si vuole essere né concorrenziali, né alternativi, ma mettersi in ascolto del territorio per esprimerne le potenzialità in forma condivisa.