“Vi auguro di avere un altro che possa essere parte di voi e di essere parte di un altro e non possesso”. Questa la “consegna” che il vescovo di Lamezia Terme, mons. Serafino Parisi, ha lasciato stamani ai ragazzi del liceo scientifico cittadino “Galileo Galilei” al termine di un incontro su “La donna nella Bibbia”.
“Posso possedere – ha osservato il presule – una casa, una macchina, un orologio, un telefonino, un oggetto, ma una persona non la possiedo mai perché tra persone la logica non è quella del possesso, della gelosia patologica, con cui voglio controllare la vita dell’altro e che nasce da una insicurezza di fondo, ma dell’appartenere, cioè, dell’essere parte di un altro”. Una riflessione, questa, giunta a conclusione di un excursus che il vescovo ha fatto, partendo dalle figure femminili presenti all’interno della Bibbia, alcune delle quali evidenziate in slide che i ragazzi hanno preparato ed offerto alla riflessione, e culminata nell’analisi del “Cantico dei cantici” che, come sottolineato da mons. Parisi che in alcuni passaggi del suo intervento è stato interrotto dagli applausi dei ragazzi, “nei due innamorati che si inseguono, si nascondono, si trovano e si inseguono nuovamente, ha in sé una grande verità: una persona non la si possiede mai”.
“Possessione – ha proseguito – non è amore. Quando noi parliamo di violenza di genere, di festa della donna, ci perdiamo quell’aspetto positivo e propositivo della figura femminile che ha contribuito alla strutturazione della società perché se non ci fosse stato l’incontro tra maschio e femmina che determinò all’inizio l’incontro tra diversità, ci sarebbe stato solo un uomo isolato senza la possibilità di entrare in relazione con l’altro”. Sta, quindi, in questo “il ruolo determinante della donna per la costituzione dell’aspetto sociale”. Ruolo che, del resto, nella narrazione biblica, dove “c’è ognuna di voi” – ha detto il vescovo rivolgendosi alle ragazze presenti –, viene riconosciuto e raccontato: “Nella Bibbia – ha affermato mons. Parisi – l’elemento femminile, il femmineo, è sempre presente”. La donna nella tradizione biblica riveste “un ruolo importantissimo” e “l’idea del femminile è di fare arrivare alla consapevolezza di sé il maschio: senza la donna, il maschio non è capace di arrivare alla consapevolezza di se, di ciò che è”. Ecco perché, “quando la donna si presenta di fronte a se, l’uomo capisce che, dato che è diverso dall’altra e l’altra è diversa da lui, c’è una diversità che deve essere armonizzata e quando le differenze vengono armonizzate, allora, ci si arricchisce l’uno della vita, delle potenzialità e di tutto ciò che l’altro porta verso di me. Questo discorso, per la Bibbia, il maschio lo può fare perché di fronte a lui si è posto una donna. Quando, allora, parliamo dell’aspetto femminile che è determinante nella tradizione biblica, pur trovandoci in un contesto misogino e maschilista, questi testi ci fanno capire che l’apporto della donna all’uomo è determinante” in quanto, proprio “nella considerazione delle nostre diversità, ci accorgiamo di essere quello che siamo e che le differenze tra di noi non sono limiti ma sono ricchezza, complessità, pluralità cioè per noi le diversità sono arricchimento”.
“Di che cosa abbiamo paura?”, ha chiesto il vescovo. “Abbiamo paura dell’altro – ha commentato – quando noi ignoriamo noi stessi, quando siamo deboli sul nostro passato, sulle nostre tradizioni ed immaginiamo che l’altro possa essere un problema”.