“Era il convinto sostenitore di una Chiesa creativa”. Lo ha detto Tomas Chiaramonte, uno dei curatori del libro “L’amico venuto dal Martìn”, dedicato alla memoria di don Giampietro Fasani e presentato oggi nell’Auditorium Aurelia di Roma. “Amava fare passeggiate in montagna, ci chiedeva di alzare lo sguardo dall’oggi. Spesso faceva domande, non dava le risposte. Era un uomo libero, che amava parlare di futuro. Non era dedito alla dietrologia, ci allenava a essere creativi. Ci ha dimostrato con l’esempio a stare dalla parte degli ultimi, anche se ci fa sentire soli”, ha aggiunto il curatore del volume. “Era un uomo della sintesi, un sacerdote umile e laborioso, profondamente legato a Dio, lo si vedeva in tutto ciò che faceva”, ha osservato Chiaramonte. Anche nell’ultima parte della vita, quando si era già affacciata la malattia, “è stato un esempio di coraggio e tenacia. Un cantore della bellezza della vita fino al suo naturale tramonto. Diceva che fosse importante che la morte ci trovasse vivi”. “Attraeva i cuori – ha concluso il curatore del libro – ma ti lasciava andare. Tornavi sempre e ripartivi più leggero”.