“È significativo – credo – che in un cambiamento di epoca quale è quello che stiamo vivendo – si riunisca oggi qui una comunità composta da scienziati, ricercatori, accademici e comunicatori”. Lo ha detto il prefetto del Dicastero per la Comunicazione dela Santa Sede, Paolo Ruffini, salutando i partecipanti alla presentazione del progetto “Spei satelles”, svoltasi oggi presso la Sala Marconi della Radio Vaticana. “Ed è importante che ciò avvenga in un giorno a sua volta emblematico della nostra storia recente, che tre anni fa sembrava quasi giunta ad un capolinea, uno stop imprevisto e cupo. E che oggi si dibatte nel vicolo apparentemente cieco di una guerra di cui non si vede la fine. E in cui i missili di cui si parla sono quelli che portano armi di distruzione e non semi di speranza”, ha proseguito Ruffini. “Viviamo un tempo che sembra aver perso la memoria dei segni, come se non ci fosse nulla da segnare, nessuna cosa a cui affidare un valore simbolico, nessuna direzione, nessuna meta”, la denuncia: “Un tempo rassegnato ad un presente senza futuro, senza speranza. In cui tutto rischia di apparire alla fine senza significato”. “Abbiamo bisogno invece, di segni e di significati, ed in fondo è proprio per questo che siamo qui oggi”, ha detto il prefetto: “Il solo esserlo è un segno. Significa che è ancora possibile pensare insieme qualcosa che ci unisca invece di dividerci, e che nella gratuità di questo incontro c’è insieme un segno ed un significato. Significa che riconosciamo tutti la fragilità e la bellezza della terra e del genere umano, e l’importanza di ricercare e comunicare ciò che ci protegge. Essere qui oggi significa poi anche dimostrare nel concreto la possibilità di una collaborazione fra donne e uomini di scienza e donne e uomini di fede”. “Né la scienza, né la fede, tantomeno la tecnica, hanno risposte pronte all’uso per ogni domanda”, ha osservato Ruffini, secondo il quale “questo approccio illusorio ci acceca, ci impedisce di vedere la profondità delle cose e la verità del momento che stiamo attraversando. È bello, dunque, che le persone che sono qui oggi e le istituzioni che ognuno di esse rappresenta abbiano cercato un altro approccio, e deciso di lanciare – in senso non solo figurato – un segno, rilanciando le parole del Papa tre anni fa come una bussola per recuperare capacità di giudizio, discernimento, senso del limite e speranza di futuro”.