“Poniamo obiezioni” rispetto al movimento arcobaleno “quando veicola un’immagine della persona umana che dissolve l’integrità corporea dell’individuo, come se il sesso biologico fosse qualcosa di puramente casuale. E contestiamo che tali opinioni vengono imposte ai bambini come se non fossero ipotesi audaci, ma fatti accertati; quando viene imposto ai minori il peso opprimente di dover determinare la propria identità senza che siano attrezzati per farlo”. Lo scrivono i vescovi dei Paesi nordici in una “lettera pastorale sulla sessualità umana” pubblicata per la quinta domenica di Quaresima. La lettera comincia dal racconto biblico di Noè e del diluvio universale per arrivare all’arcobaleno, segno di alleanza tra Dio e ogni creatura vivente, oggi simbolo di un movimento. “È curioso”, scrivono i vescovi, “con quanta facilità la nostra società, così centrata sul corpo, lo prenda alla leggera, rifiutandosi si riconoscerne l’importanza per la nostra identità” e proponendo invece “un’auto-percezione soggettiva, che ognuno produce per sé a propria immagine”. Il card. Anders Arborelius (Stoccolma), insieme ai confratelli vescovi Czeslaw Kozon (Kopenaghen), Bernt Eidsvig (Oslo), Berislav Grgić (Tromsø), Peter Bürcher (em. Reykjavik), David Tencer (Reykjavik), Erik Varden (Trondheim) e l’amministratore apostolico di Helsinki Marco Pasinato, ripetono: “L’immagine di Dio nella natura umana si manifesta nella complementarietà del maschile e femminile”; nella Scrittura, il matrimonio tra un uomo e una donna è “immagine della comunione di Dio con l’umanità”.
Affermano di comprendere che “per alcuni sembri un’opzione impossibile”: “la Chiesa lo riconosce e desidera abbracciare e consolare tutti coloro che vivono difficoltà”. La misericordia non esclude nessuno, ma l’ideale è “alto”, scrivono più avanti: “Vi inganneremmo se vi offrissimo di meno; non siamo stati ordinati per predicare piccole nozioni personali”. Occorre “ordinare il caos”, accettando che le circostanze per un certo tempo rendano “un cattolico incapace di ricevere i sacramenti, senza per questo cessare di essere membro della Chiesa”. “Le nozioni di cosa significhi essere una persona, e quindi un essere sessuale, sono in evoluzione. Ciò che è dato per scontato oggi potrebbe essere confutato domani. Chi scommette su teorie che passano, rischia di essere terribilmente ferito” invece c’è bisogno “di radici profonde” e per questo i vescovi incoraggiano i fedeli ad “appropriarsi dei principi fondamentali dell’antropologia cristiana, mentre cerchiamo con rispetto di avvicinarci a chi si sente lontano da esse”.
E a chi ha perplessità rispetto al magistero cattolico sula sessualità, i vescovi consigliano di conoscere meglio Cristo, di considerare i limiti di un discorso puramente laico sulla sessualità e “recuperare la natura sacramentale della sessualità nel disegno di Dio, la bellezza della castità cristiana e la gioia dell’amicizia, il che ci fa vedere che una grande intimità liberante si trova anche nei rapporti non sessuali”. Perché “l’insegnamento della Chiesa non intende limitare l’amore, ma renderlo possibile”.