“Il fenomeno migratorio continua a essere gestito in modo emergenziale e non strutturale”. Lo riporta il comunicato finale del Consiglio episcopale permanente, che si è svolto nei giorni scorsi a Roma. La recente tragedia di Cutro, hanno sottolineato i vescovi nel ringraziare la Chiesa di Crotone per l’umanità dimostrata, è “una ferita aperta che mostra la debolezza delle risposte messe in atto”. “Il limitarsi a chiudere, controllare e respingere non solo non offre soluzioni di ampio respiro, ma contribuisce ad alimentare irregolarità e illegalità. Servono invece politiche lungimiranti – sul piano nazionale e su quello europeo – capaci di governare i flussi di ingresso attraverso canali legali, ovvero vie sicure che evitino i pericoli dei viaggi in mare, sottraggano quanti sono costretti a lasciare la propria terra a causa della fame e della violenza alla vergogna dei centri di detenzione e diano loro prospettive reali per un futuro migliore”. In questa ottica, è stato osservato, “i corridoi umanitari rappresentano al contempo un meccanismo di solidarietà internazionale e un potente strumento di politica migratoria”. Nel ribadire che “il diritto alla vita va sempre tutelato” e che “il salvataggio in mare costituisce un obbligo per ogni Stato”, i vescovi hanno quindi ricordato quanto sia “strategica per il bene comune” un’”accoglienza dignitosa” che “abbia nella protezione, nell’integrazione e nella promozione i suoi cardini”. L’attenzione si è poi spostata sui conflitti che “insanguinano diversi Paesi nel mondo”: tra questi, quello in Ucraina che “desta profonda inquietudine per la minaccia nucleare e per lo stallo nelle trattative diplomatiche che sembra allontanare sempre di più il tanto auspicato ‘cessate il fuoco’”. Nell’anno in cui si celebra il 60° anniversario dell’Enciclica, Pacem in Terris, i Vescovi hanno condiviso l’importanza di rilanciare la profezia di pace di Giovanni XXIII, a cominciare dal disarmo e dall’appello a rafforzare le istituzioni che sostengano e promuovano il dialogo a vari livelli.