“Accogliere, custodire e cooperare”: sono questi per il custode di Terra Santa, padre Francesco Patton, i tre verbi che “ben descrivono la relazione intercorsa tra san Giuseppe, la vergine Maria e Gesù, il Figlio di Dio” e che “ci ricordano anche il servizio di san Giuseppe alla Chiesa universale e al mistero della salvezza”. Nella messa celebrata oggi a Nazareth, per la solennità di san Giuseppe, il custode ha ricordato che questi verbi “devono caratterizzare anche la nostra vita cristiana. Provate a pensare cosa significa imparare ad accoglierci reciprocamente nelle nostre famiglie e nelle nostre comunità. Provate a pensare cosa significa imparare a custodirci reciprocamente mettendo in secondo piano gli interessi personali, la carriera, il proprio successo. Provate a pensare cosa significa imparare a cooperare con Dio e tra di noi per rendere migliore il mondo in cui viviamo, per far crescere la nostra famiglia e la nostra comunità cristiana, per diffondere la parola del Vangelo”. Prendendo spunto dal Vangelo di Matteo che racconta la nascita di Gesù, padre Patton ha spiegato che “Giuseppe è caratterizzato da ciò che fa, non da ciò che dice, infatti l’evangelista non riporta nemmeno una parola di Giuseppe, ma solo le sue riflessioni interiori e le sue azioni. Terminato il sogno, Giuseppe fa ciò che l’angelo gli ha detto, prende con sé, cioè accoglie in modo stabile Maria e il bambino Gesù che lei porta in grembo. Da qui in avanti, nei racconti dei vangeli dell’infanzia, vedremo che Maria e Gesù sono sempre insieme a Giuseppe”. Giuseppe, poi, “custodisce Maria e assieme a lei custodisce il bambino Gesù, con l’amore, la premura e anche la preoccupazione di un buon genitore. Custodire – ha affermato il custode – è un verbo bellissimo perché indica che mettiamo la persona più fragile al centro della nostra attenzione. Al centro dell’agire di Giuseppe non c’è il proprio lavoro, non c’è la propria realizzazione, non c’è il proprio successo. Al centro dell’agire di Giuseppe c’è il custodire Maria e il bambino Gesù”. Così facendo “Giuseppe è chiamato a cooperare al piano divino di salvezza. Come discendente di Davide coopera con lo stesso Altissimo nell’inserire Gesù nella stirpe regale davidica. Come sposo di Maria coopera con lei nel dare una famiglia e un nome al Salvatore dell’umanità. Come padre legale di Gesù coopera con Maria anche nel dargli un’educazione umana e religiosa, nell’insegnargli un lavoro e uno stile di vita. Molti atteggiamenti che descrivono l’agire di Gesù nei vangeli gli vengono da Maria, ma molti altri gli vengono sicuramente da Giuseppe, uno su tutti la capacità di relazionarsi con le donne senza pregiudizi”.