Vivere da figli di Dio, come raccomanda San Paolo al cap. 8 della Lettera ai Romani e contrastare le continue seduzioni del maligno sono stati il motivo conduttore della seconda catechesi quaresimale svolta ieri sera dall’arcivescovo di Reggio Emilia-Guastalla, mons. Giacomo Morandi, nella cattedrale di Reggio Emilia. “Nonostante il germe della vita nuova generata in ogni persona – ha spiegato -, rimangono i residui dell’uomo vecchio, su cui il demonio opera”; siamo infatti evangelizzati “a macchia di leopardo”. Il diavolo “mira a incrinare, destabilizzare la relazione che si è stabilita con Cristo attraverso i pensieri cattivi, a cui fanno seguito le passioni. Ecco, allora, la lotta interiore: è dal cuore che nascono i pensieri del male: come scrive l’evangelista Marco al cap. 7, sono le cose che escono dal cuore dell’uomo, le intenzioni cattive a contaminarlo: fornicazioni, furti, omicidi, adultèri, cupidigie, malvagità, inganno, impudicizia, invidia, calunnia, superbia, stoltezza”. L’arcivescovo, citando i Padri della Chiesa, ha sottolineato che le tentazioni “appartengono al cammino di fede, a cui il cristiano deve però opporsi”, e ha ricordato i sette vizi capitali: superbia, avarizia, lussuria, invidia, gola, ira, accidia; a questi “la Chiesa orientale ne ha aggiunto un ottavo: la tristezza, staffetta del peccato”. Il presule ha commentato il capitolo 3 di Genesi in cui è descritto l’agire del nemico, il diavolo, nei confronti di Eva ed Adamo: “L’attacco alle convinzioni, la distorsione dell’immagine di Dio, l’inganno. Infine – ha osservato -, l’assenso della creatura umana e l’uomo diventa schiavo del pensiero”. Quale strategia allora il cristiano deve mettere in campo? Secondo mons. Morandi “la vigilanza (nepsis) e l’attenzione (prosoché)”. Da ciò, ha concluso, “discende la necessità del discernimento, che esclude la fretta”.