“Parlare di cultura è parlare della nostra umanità, quando parliamo di sport dobbiamo capire che l’atleta non è una macchina ma una persona che corre con il suo cuore, la sua testa, il suo sogno di essere persona, con la gioia di una vittoria condivisa. In ogni corsa c’è tecnica, sforzo, sacrificio ma anche qualcosa di inspiegabile: c’è un atto d’amore”. Ha esordito così, questa sera a Roma, il card. José Tolentino de Mendonça, prefetto del Dicastero per la cultura e l’educazione, inaugurando il dialogo con il campione olimpico Filippo Tortu, il primo di una serie di incontri promossi da Athletica Vaticana, la polisportiva ufficiale della Santa Sede. “Una cosa che ci unisce tutti – ha aggiunto – è capire come le nostre vite possono essere una parabola che racconta qualcosa di unico e di illuminante. San Paolo dice che nello stadio tutti corrono, per spiegare che la vita è una parabola del gesto atletico, ma anche lo specchio di qualcosa di più profondo”. Per il cardinale, “la sfida più importante nelle arti, nella cultura e nello sport è entrare in noi stessi e costruire la nostra interiorità. Un monaco, come un atleta, passa molto tempo da solo e alla fine si costruisce la sua interiorità, è il desiderio di tutti noi”. Il cardinale ha quindi ricordato un pellegrinaggio a Santiago di Compostela affermando che ad un certo punto “si inizia a pregare con i piedi”.